Ballerini, voglia matta: «Al Giro sempre in fuga per dimenticare i guai»

Ciclismo Il canturino protagonista in diverse tappe: «Ho lottato per mesi con un problema al ginocchio»

Lo abbiamo visto tutti. Con la sua nuova maglia Astana, in fuga al Giro d’Italia, una, due tre, quattro volte. Nei gruppetti che movimentavano la corsa, a preparare l’attacco decisivo. Davide Ballerini, 29 anni, è tornato protagonista. Dopo un calvario che è sfuggito ai più. Un guaio fisico che si è trascinato per mesi e gli ha rovinato la stagione, e pure il ritorno in Astana, dove era stato nel 2019.

I grattacapi

Un edema rotuleo, rimediato in Vallonia lo scorso anno. Una caduta, una botta che sembrava potesse essere riassorbita, invece il dolore al ginocchio non passava, mandandogli di traverso la stagione.

Il Giro d’Italia è stato la corsa del suo ritorno, una maniera per guardare avanti, dopo tanti dubbi, sofferenze e rinunce.«Sì, sono soddisfatto. Non tanto del risultato, che poteva essere migliore, ma della mia condizione fisica. Avevo la gamba, ed è la corsa più importante. Dopo tutto quello che mi è successo….». Racconta: «La cadura al Vallonia lo scorso anno sembrava una cosa di poco conto. Invece ho dovuto stare fermo a lungo, avevo visto sa spettatore anche il Lombardia. Ogni volta che provavo a forzare, il dolore tornava, non c’era verso di farlo sparire». Nel frattempo aveva cambiato squadra: dopo quattro anni alla Wolfpack (prima Deceunink poi Quick Step), il ritorno all’Astana: «Il rinnovo andava per le lunghe, non avevo voglia di aspettare: all’Astana mi hanno accolto a braccia aperte, un ambiente che conosco bene. Tra l’altro con un piano che per me era il massimo».

Cioè? «Leader delle classiche del Nord, che come sapete sono il mio sogno. Ma durante il ritiro invernale, quando ho ricominciato a forzare, il dolore è tornato. E così ho dovuto rinunciare tutte le gare del Nord, il pezzo forte della mia stagione». Poi? «Devo dire grazie anche a Vincenzo Nibali, che mi ha aiutato, affidandomi alle mani di uno specialista. Le cose sono migliorate. Al Giro mi sono avvicinato con precauzione: era un test, una specie di allenamento per vedere come andava. Avrei dovuto fare due settimane, ma stavo bene e sono arrivato sino alla fine».

Un Giro non banale: è entrato nelle fughe almeno in quattro tappe: «Non che ci fosse una strategia, ma ero io che stavo bene, avevo voglia, più spingevo, più sentivo che il dolore non c’era, e più mi esaltavo. Ho cercato anche di dare una mano a Fortunato (Bolognese di Erba, dell’Astana, ndr) per la classifica generale».

«Un po’ la Milano-Sanremo»

La tappa più bella? «Per le mie prestazioni, quella di Andora, che sembrava un po’ la Milano-Sanremo: mi è saltata la catena a 400 metri dalla fine e non ero messo male. Dal punto di vista scenografico, quella di Napoli e quella di Roma. Il Giro è sempre uno spettacolo». E adesso? «Vado in altura a Livigno (ve lo immaginate? Uno scede di bicicletta dopo tre settimane di Giro, e cosa fa? Va a fare salite…., ndr). Preparo il campionato italiano di giugno in Toscana.E poi farò il Tour de France. Il Lombardia? Non credo, l’Astana ha tanti uomini che vanno bene in salita più di me». E l’anno prossimo? «Con l’Astana ho firmato per un anno. Vedremo. Richieste ce ne sono. Ora penso a correre, poi si vedrà».

© RIPRODUZIONE RISERVATA