Metti una sera un brindisi con la Polti

Incontri La squadra con un manipolo di simpatici atleti (Pietrobon, i fratelli Bais, Maestri, Piganzoli, Lonardi) alla “Sartoria Ciclistica” di Alessandro Tino

«Bella vero? Siamo orgogliosi di essere un team dalla livrea tricolore». A Francesca Polti brillavano gli occhi, l’altra sera, di fronte all’ammiraglia della Polti Kometa di ciclismo, parcheggiata in Borgo Vico vecchia, alle prime ombre della sera. La sua ammiraglia. L’ammiraglia della sua squadra, quella che ha voluto sponsorizzare, tornando, con papà Franco, nel gruppo del grande ciclismo. Che ci faceva lì, l’ammiraglia bianca rossa e verde? Era ospite, con un manipolo di simpatici atleti (Pietrobon, i fratelli Bais, Maestri, Piganzoli, Lonardi) alla “Sartoria Ciclistica” di Alessandro Tino, locale cult per gli appassionati, negozio e bar che ormai sta diventano un museo di memorabilia. Una serata per farsi conoscere alla città informale, un drink in piedi, allegria, risate, battute, borracce in regalo. Goliardata: al posto delle borracce, sulle bici, sono finiti i bicchieri dei drink.

Altro che calciatori rinfighiti: i ciclisti si sono dimostrati disponibili con tutti. Addirittura Pietrobon ha staccato la bicicletta dalla ammiraglia per spiegare il funzionamento del cambio elettronico. Poi i ciclisti si sono schierati sul marciapiede, facendo la “ola” alle vetture che passavano, e regalando borracce. Questo significa comunicare... Bell’idea quella di infilare l’ammiraglia nel cuore della città. Sono passati molti appassionati. Uno, in divisa Polti, è venuto in bicicletta da Lugano. Sembrava uno del gruppo («ma mi tradisce la pancia...»). Francesca aveva una parola per tutti, dispensando quel suo entusiasmo contagioso che è alla base di questa operazione: «Il contratto è triennale, ma finché mi commuovo a vedere le gare, vado avanti. Questo sport è una lezione di vita. Ogni tre mesi faccio una riunione in azienda con tutti i dipendenti, e stavolta porto anche loro, i ciclisti. Hanno molto da insegnare, basta guardarli mentre sono in sella», e lo dice con un sorriso e due occhi luminosi, che è impossibile pensare a una recita. Francesca va in bicicletta, e non lo fa con una bici qualunque: «Uso quella che Virenque regalò a mio padre. Bellissima. Un vanto. Ho seguito quasi tutto il Giro, una faticaccia enorme, ma che emozioni. La più bella? Quando Maestri ha guidato nella fuga Alaphilippe, con l’abbraccio commosso tra i due a fine gara che ha avuto milioni di visualizzazioni».

Il padrone di casa Tino gongola. E mostra i cimeli. Dalla maglia di Pogacar, in giù: il casco di Cavendish, le borracce e i cappellini. C’è anche una bicicletta che usò Piva in gara negli anni Settanta. Qui c’è un viavai di campioni che passano per un caffè. Intanto c’è l’ultimo brindisi. Francesca sorride e porta tutti al ristorante.

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