De Sfroos allo stadio: «Dai miei cassètt eh sì, quanti ricordi»

La testimonianza Il cantautore era a Como-Cosenza. «Tanti stranieri, una cosa diversa dai mie tempi. Emozione al mio inno, squadra all’altezza del Lago»

«È stata una bella emozione». Davide Van de Sfroos era a Como-Cosenza, in tribuna, per assistere a un evento dove c’era anche il suo zampino: per la prima volta è stata trasmessa dagli altoparlanti la nuova versione di “Pulenta e galina fregia”, versione stadio, più ritmata, all’ingresso delle squadre in campo. «Non tornavo al Sinigaglia dai tempi in cui facevo l’inviato per Quelli che il calcio. In Pulenta e galina fregia il testo dice “Scùlta i spiriti e scùlta i fulètt che ranpèghen in söel müür e sòlten föe di cassètt”, e per l’occasione dai cassetti del mio cuore sono saltati fuori tanti ricordi».

Uno speciale: «Ho avuto la fortuna di assistere alla partita vicino alla vedova di Paolo Zerboni, ex grande dirigente del Como recentemente scomparso. Paolo lavorava alla Minitransport, che era della famiglia Porro, a più riprese nello staff dirigenziale azzurro. Mio papà lavorava lì, e per qualche mese anche io da ragazzo lavorai in quella ditta. e mi avvicinai al mondo del Como». Oggi il lago che fa da sfondo alla storia del Como Calcio è diverso da quello più intimo delle sue canzoni, fatto di personaggi che abitano nel cuore e nelle tradizioni dei comaschi.

«Eppure non ci vedo un contrasto. Anzi, credo che una città famosa come la nostra, un lago famoso come il nostro, avesse bisogno di avere una storia sportiva alla sua altezza. La mia terra è popolata da tifosi e appassionati di calcio. Quelli del Lago, gruppo che frequenta la Curva, ha praticamente la sede vicino a casa mia. Mi ricordo da ragazzo i viaggi sino a Como per vedere gli azzurri di Melgrati, Cavagnetto, Nicoletti, Fiaschi. Alcuni poi ho avuto modo di conoscerli. Certo oggi lo stadio, come frequentazioni, è diverso da allora. Avevo vicino degli inglesi grandi e grossi che ci tenevano informati sull’andamento della partita del Venezia. Lo stadio è lo specchio del territorio: tutti parlano di noi, delle nostre bellezze. Questa società poi fa davvero le cose in grande».

Ha seguito la partita con trepidazione: «Non sono un ultrà, non concepisco i cori contro e le posizioni eccessivamente antagoniste, ma poi quando sono allo stadio, o davanti alla tv mi faccio prendere anche io. A un certo punto pensavo che il portiere del Venezia fosse l’erede di Ramon Quiroga, che era stato il mio eroe ai Mondiale del 1982, il portiere del Perù che aveva parato tutto in modo spettacolare. Siamo partiti lenti, ma forse è stato meglio. Magari non avremmo segnato e ci saremmo spenti. Invece, nel secondo tempo è stato un bel Como. Andare in A con una sconfitta non sarebbe stato bello».

L’anno prossimo tornerà? «Bisogna vedere come sto a tranquillanti. Allo stadio mi agito tanto. Però sarebbe bello, sicuramente mi rivedrete».

Visto la festa in città? «Certo. Mi sono un po’ nascosto per raggiungere la macchina, ma sono passato in mezzo alla folla ed è stato un momento davvero coinvolgente. Una festa di tutta la comunità, che arriva anche qui, sul lago, visto che è pieno di bandiere azzurre».

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