Fabregas è arrivato per giocare: «Qui a lungo per passione e mi sento un vincente»

Conferenza stampa Fabregas all’Hotel Hilton risponde a diverse domande: «Sono convinto dal progetto: riportare il club in serie A. Non era questione di soldi, ma di ambizione». Wise: «Per noi sarà importante anche fuori dal campo»

E’ qui per giocare, non è ancora arrivato il momento di smettere. Cesc Fabregas lo ripete più volte nella prima lunga chiacchierata comasca davanti a una folta platea di giornalisti.

Ma altrettanto chiaramente il campione spagnolo sottolinea con enfasi, come del resto fa Dennis Wise, che questo nuovo capitolo della sua vita andrà anche oltre il campo. Per un progetto più lungo e più ampio. Un matrimonio tra lui e il Como che nelle intenzioni sarà ben più di una semplice avventura. Un coinvolgimento personale anche a livello di proprietà. Ma cominciamo dall’inizio.

Come mai qui, come mai ora?

Ringrazio prima di tutto il club, Dennis, Mirwan e Charlie – Wise, Suwarso e Ludi, ndr -, per gli sforzi che hanno fatto per portarmi qui. E la mia famiglia, che mi ha appoggiato e mi segue. Vengo per giocare, prima di tutto, in una società ambiziosa, che spero di contribuire a riportare dove merita, in serie A.

Wise: C’è stata l’occasione di puntare su un giocatore che in campo è in grado di determinare le partite, ha un’intelligenza calcistica eccezionale e può essere di grande insegnamento ai nostri giocatori, soprattutto ai più giovani. E che è e sarà importantissimo per il nostro progetto.

Come è nata questa idea?

Per la prima volta nella mia carriera mi sono trovato senza contratto. Ho ricevuto duemila chiamate, molte da parte di gente che con me voleva solo fare soldi. A me i soldi in questo momento non interessano, mi interessa un progetto, mi interessa avere a che fare con gente di calcio, poter guardare avanti e costruire qualcosa a lungo termine. Quello che cercavo me lo ha proposto Wise che conoscevo come grande bandiera del Chelsea.

Wise: Abbiamo fatto una prima chiacchierata via zoom, dopo un contatto con il procuratore che aveva confermato la volontà di Cesc di approfondire il discorso. E siamo andati avanti. Lui sarà speciale per noi in campo, ma anche fuori dal campo.

Che tipo di sfida sarà, per uno come lui che ha vinto tutto, quella in campo con il Como? Con che aggettivo la definirebbe?

Ogni sfida è speciale, quella che sta per arrivare è sempre la più importante. La parola che userei è passione, sono molto passionale e qui ce ne metterò tanta.

Come sta a livello di condizione? Quando i tifosi potranno vederla in campo?

Da qualche mese mi alleno da solo, e mi sento bene. Non devo stare qui qualche settimana, ma giocare per due anni, dunque di occasioni ne avrò, e spero presto. Devo ancora incontrare il mister e la squadra, se non sarò pronto tra sei giorni, lo sarò per la partita dopo. Decideremo insieme.

La scelta di scendere in B, perchè? Ci sono altri nomi importanti quest’anno, ma resta una scelta particolare...

Perché ho già fatto due gol a Buffon e vorrei fargliene un altro... (ride, ndr). A parte gli scherzi, so che quest’anno in B ci sarà molta qualità, dalla A sono scese squadre forti, sarà un campionato molto interessante. E io ho voglia di vincere.

Tra le tante offerte, ci sono state anche sirene americane. Non ha avuto la tentazione?

No, non era nei miei piani. La mia ambizione era comunque quella di restare in Europa. Qualche proposta extraeuropea è arrivata, ma non l’ho presa in considerazione. Ho altre idee.

Wise: E’ giusto che tutti sappiate che si parla di un rapporto più lungo, che Cesc farà parte della società per più tempo. Ha scelto di investire nel Como diventandone “azionista”, ha fatto un investimento sulla società a livello personale. Ed è un modo per farlo sentire ancora più coinvolto.

Anche una scelta di vita, una prospettiva ben diversa da quella del “semplice” giocatore.

Perchè credo molto in questo club e nelle sue ambizioni. So che è stato acquistato anche il centro sportivo, e che il progetto è molto serio. Io per ora gioco, poi sì, mi piacerebbe fare l’allenatore. Ma prima voglio vincere, mi vedo ancora come un vincente.

E ci mancherebbe, è persino difficile dire qual è il trofeo a cui tiene di più.

Sarebbe facile e scontato dire il Mondiale vinto con la Spagna, ma di tutti rimane qualcosa. Come dei grandi allenatori che ho avuto la fortuna di incontrare, e di qualcuno di loro sono rimasto amico. Ho avuto tutti i più forti, Mourinho, Zidane, Conte, Guardiola, Ancelotti, ho cercato di fare tesoro degli insegnamenti degli insegnamenti di ciascuno di loro.

Difficile anche pensare che possa avere qualche rimpianto.

Ho giocato diciannove anni a livelli straordinari, rimpianto sarebbe davvero una parola grossa. Ho disputato tutte le finali che un giocatore può sognare, forse l’unico rimpianto è stato nella finale di Champions a Parigi persa contro l’Arsenal. Ma sono comunque un calciatore e un uomo baciato dalla fortuna. Che può ancora concentrarsi sul riuscire a dare il cento per cento in campo adesso, con il Como. Perchè quello che conta è ora.

A proposito di cose che contano, quanto ha pesato in questa scelta la location, il fascino del lago di Como? Lei ha addirittura dato nomi italiani ai suoi figli, uno di loro si chiama Capri...

Noi in famiglia adoriamo l’Italia, ci siamo stati in vacanza in tante occasioni. Poi ho avuto compagni e giocatori italiani, conosco bene il vostro campionato.

Come mai arriva in Italia solo ora? Non ha mai avuto altri contatti?

In realtà sì, ci sono stati contatti in passato, ma stavo sempre bene dov’ero. In particolare fui vicino al Milan nel 2016. Al Chelsea era arrivato Conte, non sembravo rientrare nei suoi piani. Ma poi decisi di restare e di convincerlo, avevo ancora qualche anno di contratto e l’Italia in quel momento non era il tipo di situazione che cercavo.

Ha già scelto dove vivere con la sua famiglia?

No, è ancora troppo presto. Della casa non abbiamo ancora parlato.

La sua vita calcistica, e personale, si è divisa tra Spagna e Inghilterra. Due mondi abbastanza diversi, come filosofie calcistiche e di vita. Quanto di inglese c’è in lei?

Sono catalano, e mi sento spagnolo in tutto. Ma l’Inghilterra mi ha aperto tante porte, quattro dei miei cinque figli sono nati a Londra, una città che amo molto e tanto della mia vita mi porta lì. E’ la mia seconda casa, ed è lì che prima o poi vorremmo tornare a vivere.

La sua scelta è molto particolare, c’entrano anche i due anni un po’ difficili al Monaco?

Sono stati due anni piuttosto difficili e un po’ frustranti, anche per via di problemi fisici oltre che per vari motivi. Ma parlarne oggi non è importante. La scelta che ho fatto l’ho fatta per passione e con molta convinzione in quello che mi è stato proposto. L’importante è sentirsi bene e questo progetto, questa idea mi fa sentire molto bene ora. Sono contentissimo di essere qui, è la situazione che cercavo. E, lo ripeto, sono qui per vincere. Dentro e fuori dal campo.

Sarebbe bello se altri campioni come lei ragionassero in questo modo, che si impegnassero in prima persona per aiutare club più piccoli a diventare grandi, non pensa?

Io non credo di avere niente da insegnare a nessuno, né consigli da dare. Ogni carriera ha il suo percorso diverso, e questo è il mio. Una scelta sostenuta anche dalla mia famiglia. Io e il Como ci siamo incontrati condividendo le stesse idee, e ci siamo piaciuti subito.

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