«La A sarà dura, ma niente ansia. Rivoluzione? No»

Ludi, direttore generale del Como: «Un mercato funzionale alle esigenze. Gabrielloni resta con noi»

La prima cosa che è cambiata per la Serie A? La scrivania del dg Carlalberto Ludi, ora con il finestrone del suo ufficio alle spalle. Primo elemento di novità in una lunga chiacchierata in sede, presenti anche il ds Facchin e l’addetto alle comunicazioni Camagni.

Che stagione è stata?

Complessa e bellissima. Ma ci siamo fatti trovare pronti.

La serie A che sfida sarà?

Sarà per certi versi uno choc, nel senso che il livello è molto più alto, cambia tutto, anche proprio il terreno tattico delle partite. Dobbiamo mettere in conto un atterraggio difficile sul pianeta A, ma l’importante, come questa stagione, sarà migliorare, allinearci alle esigenze, e non ho dubbi che potremo dire la nostra.

Sarà rivoluzione?

Non credo proprio. Questo è un gruppo che ha dimostrato dei grandi valori. Dunque, ok il lavoro per adeguare la squadra ai valori della serie A ma senza perdere di vista il bagaglio di chi ci ha portato in qui.

Si leggono nomi mirabolanti...

Al 15 di maggio mi sembra molto improbabile che siano delineate delle strategie certe. Noi abbiamo deciso di lasciare sfumare l’euforia prima di sederci a un tavolo e programmare. Lo faremo tra qualche giorno.

Ma il grande nome tutti se lo aspettano.

Mi ricordo come arrivò Fabregas. In cinque giorni si fece tutto, e nacque da una serie di coincidenze. Non è detto che non possano ricapitare, ma noi intanto ci concentreremo sugli acquisti funzionali.

Identikit?

Giocatori che abbiano giocato nella massima serie.

Come ci si sente a lavorare per la città più ricca del calcio? E sentite l’attesa per il vostro sbarco in serie A?

Leggo poco i giornali, non posso dire nulla sulla percezione dell’attesa. Una cosa la voglio dire: sono ovviamente contento della disponibilità finanziaria della nostra società, ma se dovessi concentrami su un valore decisivo, direi che è la sua solidità. Ha le idee chiare, sa cosa fare e mantiene le promesse. Per me è un aspetto più importante della ricchezza.

Gabrielloni?

Gabrielloni resterà con noi, perché fa parte di questa famiglia ed è il filo conduttore di una storia iniziata cinque anni fa.

Parliamo di Fabregas. E’ vero che qui è più di un allenatore?

La sua intelligenza, la sua voglia di vittoria, la sua metodicità aiutano ad alzare l’asticella in tutte le direzioni, non solo della squadra.

Dovesse raccontarne una sfumatura, al di là di quelle note?

Ne dico due: l’apertura mentale, la disponibilità sempre a valutare le situazioni da diverse angolazioni. E poi la capacità che ha avuto di integrarsi nella situazione. Ha cominciato senza rinnegare il percorso fatto sin lì, non ha ribaltato tutto, ha cominciato sulla strada tracciata, ma poi è riuscito a migliorare mentalità e singoli giocatori della squadra, alzando l’asticella.

Non un calcio tiki taka, ma un calcio verticale.

Perché è la B che richiede questo calcio. Lui lo ha capito e ha parlato quella lingua. Ma siamo stati capaci anche di giocare partite di possesso. In serie A il tema tattico, lo svolgimento delle partite sarà diverso, si gioca differentemente. E vedrete che la sua interpretazione sarà adatta alle esigenze.

Un’altra sfumatura di Cesc?

Il coraggio. Gli ultimi minuti di Como-Cittadella ne sono stati un esempio. Un gol arrivato nel finale, ma fortemente voluto con le scelte nei cambi. Come dite voi? Il 4-2-3-2. I moduli sono ormai superati, conta l’applicazione e il modo di tradurre gioco. Ma insomma ci siamo capiti: lì aveva osato, ed è stato premiato. Però vorrei dire che anche Roberts è stato molto bravo nel suo ruolo.

I tifosi vorrebbero sapere tutto sui motivi delle scelte fatte, specie a gennaio. Gliene chiediamo due. Braunoder e Nsame.

Braunoder è sbucato da un attento lavoro di scouting abbinato ai dati matematici che ci arrivavano. Quando è arrivato qui ha dimostrato una predisposizione al lavoro impressionante. Si è adattato a un calcio che non conosceva, ha studiato tanto. Nsame? Molti hanno fatto le ipotesi più disparate sui pochi minuti giocati, ma io dico che se le cose vanno bene, un allenatore è difficile che cambi. Più che demerito di Jean Pierre è stato merito di chi giocava.

Riavvolgiamo il nastro. Quale è stata la partita migliore del Como?

Mi sono rimaste negli occhi alcune prestazioni. I primi 35’ di Palermo, ad esempio. Notevoli. Abbiamo perso 3-0, dopo un gol annullato per centimetri e due infortuni gravi; ma dopo quell’inizio di partita, uscimmo dal campo più sicuri del nostro futuro. Poi metto i primi 60’ di Genova. Occupazione degli spazi, possesso, pressione e non una sterile rete di passaggi, ma un possesso efficace. Siamo andati in difficoltà dopo il loro gol, ma poi ci siamo ripresi e l’abbiamo riacciuffata. E poi fatemi citare la partita di Cremona. Siamo rimasti in dieci all’inizio, non ci siamo abbattuti dopo il loro gol, abbiamo reagito, li abbiamo messi lì, loro che tendono ad essere padroni del campo. Ok, abbiamo perso al 93’, ma è stata una grande partita. E poi, come detto, Como-Cittadella.

Parliamo di Charlie Ludi.

Dobbiamo?

Cinque anni qui. Cosa sente?

Orgoglio, più ancora che felicità. La gioia passa, ma resta l’orgoglio per aver mantenuto i progetti di cui si parlava cinque anni fa. Quando le persone mi incontrano e mi dicono che sono una persona seria, ecco è il più bel complimento che possono fare.

Un Ludi che ha cambiato ruolo all’interno del Como, da uomo mercato a coordinatore del progetto.

All’inizio Gandler mi diede lo sviluppo dell’area sportiva in senso generale, poi mi sono occupato di mercato, specie con Wise, poi con la carica di dg mi sono occupato di tutte le aree e adesso c’è una fase ancora diversa, dove lavoro al coordinamento e sviluppo di tutte le aree sportive, con un occhio al mercato, ma non solo. Tenete presente che l’area tecnica si è ingrandita molto con aree specifiche.

Lei resta qui.

Se non mi volete mandare via... (ride, ndr)

Lei è uno schivo, ma la passeggiata sotto la curva del Como a Lecco, dopo l’espulsione, con gli osanna della gente azzurra possono essere una pagina significativa...

Quella sera chiesi all’arbitro se dovevo passare in diagonale sul campo o fare tutto il giro. Mi lasciò la scelta e allora feci il perimetro del campo. Non mi aspettavo quegli applausi, sono una persona schiva, che ama farsi vedere poco. Ma mi hanno fatto molto piacere.

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