La morte di Matilde Lorenzi, la tristezza di Molteni

Choc La notizia dell’incidente della sompagna di Nazionale ha colpito in maniera particolare l’uomo jet cabiatese

Era impossibile allenarsi sulla stessa pista della Val Senales dove è avvenuto il tragico incidente che è costato la vita a Matilde Lorenzi, la giovane promessa dello sci alpino italiano. Nicolò Molteni e i compagni della Nazionale di Coppa del Mondo delle discipline veloci, hanno lasciato ieri mattina la località altoatesina (dove avrebbero dovuto sostenere un raduno di due giorni) e hanno fatto ritorno a casa.

La notizia ha colpito in maniera particolare l’uomo jet cabiatese. «Conoscevo Matilde per averla incrociata anche sui campi di gara - spiega -. E poi anche lei è tesserata, come me, per il gruppo sportivo dell’Esercito. La notizia è stata come un pugno allo stomaco, per tutti noi. Nessuno se la sentiva di allenarsi, in questo momento così tragico, sulla stessa pista dove ha perso la vita Matilde».

Un uomo jet è abituato a correre dei pericoli nelle discese, quando tocca anche i 140 chilometri orari. Le cadute, anche quelle gravi, sono una “brutta” abitudine. Però certe notizie, fanno veramente male. «Dobbiamo per forza di cose convivere con il rischio, anche se vengono prese tutte le misure di sicurezza - dice Molteni -. Non è che non ci pensi (soprattutto quando sei ancora in partenza e qualcuno che è sceso prima di te, è caduto e si magari fatto male), ma abbiamo scelto questo sport e dobbiamo farlo nel migliore dei modi. Certo poi ti accorgi che il pericolo può arrivare anche in un semplice allenamento, nel gigante, dove probabilmente non tiri nemmeno al massimo. Purtroppo - prosegue il cabiatese - anche nello sci, come in tutte le attività umane, la fatalità può essere dietro l’angolo. Come in macchina: puoi rispettare tutte le misure di prudenza, ma questo potrebbe non bastare per evitare un incidente».

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