Una vita a 300 all’ora. «Il gp di Monza? Per Como 19 milioni»

Intervista con Enrico Gelpi, presidente di Aci Como e nella giunta sportiva

Gli appassionati, i piloti, gli amanti dell’automobilismo comaschi si devono sentire fortunati di avere l’avvocato Enrico Gelpi nella loro città. Una vita a 300 all’ora, con ruoli prestigiosi, in cui ha sempre difeso a spada tratta manifestazioni e gare comasche, valorizzando il territorio anche con manifestazioni una tantum. Come quella volta che portò qui Jean Todt, ex direttore Ferrari, allora presidente della Fia, di cui Gelpi era il vice, per la settimana della mobilità. Ora che il presidente dell’Aci Como è tornato ad avere un ruolo importante anche nel massimo organismo sportivo italiano (la Giunta di Aci Sport), è venuto il momento di fare due chiacchiere con lui, per commentare, ad esempio, il rinnovo del Gp di Monza sino al 2031.E raccontare, perché no?, anche alcuni aneddoti della sua vita nelle corse.

Avvocato Gelpi, il rinnovo del Gp di Monza è arrivato più o meno in concomitanza con il suo ritorno nel mondo dell’automobilismo sportivo.

Sì ma non posso certo accreditarmi meriti. Il merito va agli sforzi del presidente Sticchi Damiani e a tutta l’Aci.

Ok, però lei è tornato ad avere un ruolo attivo nella Giunta operativa dello sport dei motori. Un commento è necessario.

Come sapete, ho girato il mondo con un ruolo nell’automobilismo sportivo, e mi sono reso conto di persona quanto, accanto alle nuove piste nel deserto o chissà dove, imposte dal business, sia necessario mantenere la tradizione. Monza, come Indianapolis, è un evento speciale, un evento a parte, anche se confrontato con altri appuntamenti storici. Monza è un... modo di dire, un’icona, Monza è una tradizione cui tengono tutti nel mondo. Per questo l’Aci e il Governo hanno fatto un grande sforzo.

Con benefici anche locali.

Il rinnovo del Gp di Monza è una grande vittoria anche per Como. Sa quanto porta di indotto alla provincia? Si parla di diciannove milioni. Mica bruscolini.

Non sarebbe il caso di organizzare qualche evento a tema nei giorni del gp?

Sicuramente sarebbe bello.

Ci aspettiamo una Monza più moderna?

Certo. Il primo step è stato realizzare i nuovi sottopassi, fondamentali per avere un afflusso e un deflusso veloci. Adesso arriveranno nuove tribune in linea con le esigenze dello show business e una nuova palazzina box, più moderna e confortevole per gli ospiti.

Presidente Aci Como, presidente Aci nazionale per quattro anni, ruoli nella Csai e in Aci sport, su su sino a vice presidente della Fia al fianco di Todt. Una vita nelle auto e nelle corse.

Ricordo che fin da bambino mi piaceva giocare con le macchinine. Ma la malattia per le corse per la attaccò Lele Pinto, il pilota Fiat che faceva i rally con la Stratos. Aveva un casa in Valle Intelvi, e cominciò a portarmi in giro, diventammo amici. Lo andavo a vederlo correre. Anche a Montecarlo. Anzi, mi ricordo che, sotto la neve, i miei amici a bordo prova stavano in macchina a riscaldarsi, mentre io stavo all’aperto perché mi piaceva sentire i rumore del motore e capire quando il pilota dava gas o no.

Poi le corse.

Ho iniziato a correre nel 1977, con il mio navigatore storico Maglia. Poi, dieci anni dopo, mi navigò mio fratello Carlo con cui vinsi due Valle Intelvi e un Rally di Como.

Una malattia.

In un certo senso sì, Anzi, sono contento di essere tornato ad avere un ruolo operativo nel mondo delle corse perché sentivo che il mio operato non era ancora finito. Volevo dare ancora un contributo al mondo dei motori.

Lei ha girato il mondo specie negli Anni della Fia, guardando la F1 negli occhi. Che ricordi ha?

Mi colpì Schumacher. Passammo una serata insieme in Bahrein e lo trovai sorprendentemente gioviale, allegro, disponibile, semplice. Sono rimasto ammaliato da Jean Todt, perché è un uomo di grande operatività, che sa sempre cosa fare e credo che abbia cambiato l’automobilismo. Mi ha colpito Bernie Ecclestone, l’uomo che si inventò la F1 commerciale negli Anni Settanta, e ha guidato il business fino a pochi anni fa. Ce l’avevo sempre vicino a tavola o nei tavoli delle riunioni. Due occhi così non li ho mai visti, di una profondità sorprendente. Un occhio attento, fine, analitico, lucido. E poi ricordo quando ci capitò sul tavolo la questione della superlicenza di Verstappen, che aveva 17 anni. E Todt disse che dovevamo dargliela perché era un fenomeno...

Lei ha visto, non da spettatore, ma da primattore, la trasformazione della F1 da sport a show business. Come è successo?

Sono stati molto bravi nella comunicazione. C’è stato un periodo in cui alle corse andavano solo le persone oltre gli anta. Adesso ci sono molti giovani, i piloti sono giovanissimi, e la comunicazione social ha fatto il resto. Meno sport (non in pista, come comunicazione intendo) e più reality. Anche la costruzione di interviste e personaggi è in quella direzione. Una nuova era.

Che ci dice del Rally di Como?

Abbiamo avuto la conferma del titolo di Tir. Sarà una delle tre gare cui parteciperanno tutti, sia quelli del girone nord che quelli del girone sud. E il Rally della Valle Intelvi è diventato di Coppa Italia.

Perché il Rally di Como resta nel Tir e non passa a Campionato Italiano.

A parte che i due campionati sono molti simili tecnicamente e non c’è una grande differenza, il Tir consente di avere al via più piloti locali per via della tassa di iscrizione più bassa. E io questa missione la sento molto: dare la possibilità che la corsa resti un grande derby tra i piloti del territorio, come capitava a me quando correvo. Senza questo aspetto la corsa perderebbe senso e fascino.

Pensate a qualche novità?

Sarebbe bello avere una prova spettacolo, ma adesso deve essere “televisiva” e soluzioni del passato come Ponzate o Valfresca non sono percorribili. Vediamo se troviamo un’idea.

Come sta l’automobilismo comasco?

Mai stato così bene. Tanti tesserati, due corse, tante iniziative. In grande crescita il settore delle auto storiche. Abbiamo una gara di regolarità di campionato italiano e non ce ne sono tante.

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