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Per la prima volta un esperimento avvicina l'uso pratico dei computer quantistici su larga scala : due processori quantistici sono stati collegati fra loro utilizzando la luce , dando così origine a un unico dispositivo completamente connesso . Pubblicato sulla rivista Nature, il risultato è stato ottenuto dal dipartimento di Fisica dell'Università britannica di Oxford.
Si è aperta la strada ai supercomputer del futuro , abbastanza potenti da eseguire in poche ore calcoli che le macchine attuali impiegherebbero anni a risolvere, e sono state gettate le basi per un Internet quantistico , dove processori anche distanti tra loro formerebbero una rete super-sicura .
Il concetto alla base dell'esperimento, condotto da Dougal Main e colleghi, è simile a quello che permette il funzionamento dei supercomputer classici, ossia l'uso di dispositivi più piccoli collegati tra loro per ottenere capacità maggiori . Questa strategia aggira molti degli ostacoli associati all'inserimento in un unico dispositivo di un numero sempre maggiore di qubit, l'equivalente quantistico dei normali bit.
Nell'esperimento, i due processori sono stati collegati tramite fibre ottiche , usando quindi la luce anziché i segnali elettrici per farli comunicare tra loro e condividere dati. Questo tipo di collegamento consente il cosiddetto ' entanglement , una sorta di abbraccio a distanza dei qubit contenuti in dispositivi diversi, secondo il bizzarro fenomeno quantistico in cui due particelle rimangono connesse pur essendo fisicamente distanti e su cui si basa il teletrasporto quantistico , cioè il trasferimento di informazioni in maniera quasi istantanea. Il primo esempio di questo fenomeno su un normale cavo in fibra ottica , simile a quelli utilizzati per le connessioni Internet, è stato ottenuto lo scorso dicembre, grazie a un esperimento condotto negli Stati Uniti.
"Questa svolta - afferma Main - ci consente di collegare in modo efficace processori quantistici distinti in un unico computer quantistico . Utilizzando collegamenti fotonici, il sistema guadagna una flessibilità preziosa - aggiunge il ricercatore - che permette l'a ggiornamento o la sostituzione dei singoli moduli senza distruggere l'intera architettura".
Gli esperti: 'unrisultato fondamentale', tra 10-15 anni possibili le prime reti internet quantistiche
E' un passo in avanti "fondamentale", quello compiuto nell'esperimento dell'Università di Oxford; così lo hanno definito gli esperti riuniti a Roma, nel convegno del National Quantum Science and Technology Institute . Il prossimo obiettivo sarà realizzare delle piccole reti locali ed entro 10 o 15 anni delle vere e proprie reti internet , hanno detto all'ANSA Fabio Sciarrino, della Sapienza Università di Roma e Angela Sara Cacciapuoti, dell'Università Federico II di Napoli.
"Il risultato ottenuto da Oxford - ha commentato Sciarrino - offre un contributo fondamentale alle tecnologie quantistiche da due prospettive complementari: da un lato combina le potenzialità della computazione quantistica con quelle della comunicazione . Dall'altro apre la strada verso un approccio modulare al computer quantistico". Realizzare infatti computer quantistici molto potenti, ossia con milioni di qubit, è ancora lontano. "La soluzione - ha detto - potrebbe essere connettere tra loro computer più piccoli".
Uno dei grandi obiettivi della ricerca sui computer quantistici è quello di connettere più macchine tramite il cosiddetto 'entanglement', ha osservato Cacciapuoti . Potrebe cioè essere realizzata na sorta di connessione senza fili e a prova di intercettazione per collegare tra loro due o più computer quantistici . "Il primo passo sarà realizzare delle piccole reti , delle Q-Lan, ad esempio collegando i computer presenti in una stanza", ha detto Cacciapuoti. " Poi collegare le varie Q-Lan , una rete di reti che possiamo definire una internet quantistica . Obiettivo che potremo raggiungere forse in 10 o massimo 15 anni".
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