Agenti penitenziari respinti in ospedale, il medico millantava parentele in Procura

Cantù Il camice bianco aveva detto che avrebbe chiamato la moglie pubblico ministero che invece non è neppure magistrato

«Se insistete a entrare armati chiamo mia moglie che è pubblico ministero». Così il medico del pronto soccorso dell’ospedale di Cantù aveva respinto, nella mattinata di venerdì, due agenti della polizia penitenziaria aggrediti poco prima da un detenuto, che aveva spruzzato contro di loro l’intero contenuto di un estintore. Una vicenda che ha fatto clamore e ha portato alle scuse ufficiali e formali dei vertici di Asst Lariana, che hanno parlato di «episodio increscioso».

Ora si scopre che il medico ha pure millantato parentele inesistenti, non già perché non sia sposato, ma perché la moglie non è affatto un pubblico ministero. E, di certo, non è un magistrato.

Insomma, la posizione del camice bianco - a carico del quale è stata aperta un’indagine disciplinare interna - sembra peggiorare rispetto a quanto emerso nelle prime ore. Non che non sarebbe stato ugualmente grave rivendicare una parentela con un’autorità come quella di un pubblico ministero, ma l’uscita infelice denunciata dai due agenti penitenziari si è pure rivelata assolutamente un falso storico.

Da quanto si è appreso - e per quello che conta, visto che la consorte in questione non ha alcun tipo di responsabilità - la moglie non è mai entrata a far parte della magistratura e non lavora in Procura, semmai ha un ruolo amministrativo nel mondo della giustizia.

La vicenda, come detto, risale a venerdì mattina: il medico e due infermiere del triage avevano inizialmente negato le cure ai due poliziotti penitenziari perché armati, sostenendo - sbagliando - che gli agenti in servizio presso le carceri non facevano parte delle forze di polizia e che quindi avrebbero dovuto consegnare l’arma prima di entrare in pronto soccorso.

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