Capannone negato per celebrare il Ramadan a Cantù, oggi nuovo ricorso. Gli islamici: «Noi in chiesa? No grazie»

La vicenda Latorraca si smarca da Marelli: «Assalam non chiede favori, ma di esercitare un diritto». L’associazione: «Pensiero gentile, non lo chiederemmo mai per rispetto della fede cristiana»

Apprezzano la vicinanza che una parte della città, da sempre gli manifesta. Ma la comunità islamica non vuole favori, vuole poter esercitare il diritto di utilizzare il capannone di sua proprietà per celebrare il Ramadan. Per cui di fronte alla proposta di concedere loro la chiesa di Santa Maria, ipotesi mai neppure ufficialmente presentata alla comunità pastorale, conferma il prevosto don Maurizio Pessina, sarebbero i primi a dire di no. Per non fare un passo indietro nella loro battaglia, ma anche, dice il portavoce di Assalam, Omar Bourass, «perché abbiamo troppo rispetto per la fede cristiana».

Leggi anche

Marelli: «Concedere Santa Maria»

Per il quinto anno consecutivo l’associazione islamica si è sentita negare dal Comune l’autorizzazione a poter pregare nel proprio capannone durante il mese sacro dell’Islam. Ancora una volta, quindi, l’associazione dovrà rivolgersi d’urgenza al Tar.

Per questo Sergio Marelli, da sempre impegnato nel mondo della cooperazione internazionale e già presidente dell’Associazione delle Ong italiane, scrive una lettera aperta alla comunità cristiana canturina chiedendo un gesto concreto di dialogo, concedere la chiesa di Santa Maria. Secondo il legale di Assalam Vincenzo Latorraca, per quanto l’intento possa essere buono, non è la soluzione ideale: «Può essere importante che la comunità pastorale mandi un segnale forte sul diritto di culto, però quello che è importante davvero è che l’amministrazione comunale consenta che il Ramadan si possa svolgere, come sempre è stato. Non hanno bisogno di favori ma del riconoscimento dei propri diritti, in merito ai quali c’è una sentenza del Tar molto chiara».

Sentenza di pochi giorni fa che, annullando il secondo diniego della domanda di permesso di costruire, accoglie il loro ricorso, riconoscendo che il Comune di Cantù deve consentire l’esercizio della libertà di culto laddove siano rispettate le norme di legge.

Oggi, annuncia Latorraca «presenteremo ancora ricorso e ci auguriamo che venga concesso nuovamente il decreto». Una situazione simile sta affrontano a Monfalcone, dove le comunità islamiche si sono affidate agli avvocati dello studio Lavatelli&Latorraca e il consiglio di Stato ha accolto le loro istanze.

«Con alcune amministrazioni – osserva – queste questioni si fanno incandescenti sempre in corrispondenza di eventi elettorali».

«Tanta solidarietà»

«Grazie mille per l’intervento di ognuno di voi e la solidarietà dimostrata – dice Omar Bourass - Vorremmo però ricordare anche a noi stessi che siamo combattendo per i nostri diritti e che quindi accettando in sostanza l’offerta significherebbe fare un passo indietro, facendo così anche “piacere” al Comune in modo indiretto. Sappiamo tutti che sicuramente la situazione non è una dei migliori ma noi faremo il possibile dal punto di vista legale per usare la nostra struttura. Non abbiamo paura di fare altri ricorsi al Tar».

La struttura, continua, «rimane comunque un luogo che i membri dell’associazione sentono come una casa, perciò dover mollare all’ultimo e trovare altre alternative per il Ramadan sarebbe un punto per il Comune di Cantù. Grazie ancora per il sostegno ma è importante ricordarsi che non dobbiamo farci travolgere dalla propaganda che il Comune cerca di fare, soprattutto ora che Assalam sta raggiungendo gli obiettivi fissati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA