Fuga di medici verso la Svizzera. Banfi interviene sul tema: «Bene l’idea degli incentivi di confine»

Sanità Il direttore generale dell’Asst Lariana appoggia la proposta portata a Roma da Bertolaso: «L’attrattività della Confederazione è forte perché lo stipendio cambia le scelte professionali»

Gli incentivi di confine ai sanitari secondo il direttore dell’Asst Lariana Fabio Banfi potrebbero essere una leva per cambiare le sorti dei tanti bandi d’assunzione che oggi invece vanno deserti.

La valutazione

Banfi condivide la proposta portata al tavolo del Governo dall’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, che in sostanza chiede dei riconoscimenti economici nelle province a ridosso della frontiera per evitare che tanti medici e infermieri scelgano per ragioni economiche di andare a esercitare in Svizzera.

«È evidente che l’attrattività della Confederazione Elvetica per le professioni sanitarie mediche e infermieristiche è forte – ragiona il direttore generale – poiché la differenza salariale è rilevante. E lo stipendio cambia le scelte professionali e di vita. A Como anche il sindacato ha lanciato questa proposta. Il fatto che un assessore regionale abbia fatto proprie queste istanze territoriali e le abbia tenacemente portate al tavolo di Governo rappresenta per noi un cambio di passo estremamente importante. Poi certamente restano altre valutazioni da fare, di carattere nazionale, contratti e coperture. In precedenza però la possibilità di riconoscere degli incentivi di confine non era stata portata avanti». Letizia Moratti, ex assessore al Welfare, a domanda diretta fatta da questo giornale aveva in effetti scosso la testa rimandando l’argomento a Roma.

Oggi come detto molti bandi aperti dall’Asst Lariana, come da altre aziende ospedaliere lombarde, vanno deserti. Certo mancano giovani laureati, alcune specialità sono poco attrattive, ma anche la retribuzione ha un peso. «Un incentivo di confine potrebbe influire sulle nostre capacità di reclutamento professionale – spiega ancora Banfi – poi io penso che un incremento salariale sia doveroso comunque, anche in assenza della forte concorrenza con la Svizzera. Le professioni mediche e infermieristiche hanno bisogno di questa spinta, loro sono il perno attorno a cui sviluppare i servizi ospedalieri, le novità territoriali. La condizione salariale va comunque affrontata».

Già prima della pandemia, quando soltanto si intravedeva la carenza dei camici bianchi ormai esplosa, secondo Banfi l’unico freno al fenomeno era quello di pagare meglio questi professionisti. Oggi gli ospedali sono in difficoltà, non soltanto qui, ma in tutto il Paese. Nel Comasco Menaggio è una destinazione gradita a pochissimi, anche Cantù, seppur sia nel bel mezzo della ricca Brianza, fa fatica a reperire personale. Il Sant’Anna invece come primo centro provinciale calamita ancora nuovi medici.

Le specialità più carenti

Più in generale mancano proprio le risorse umane, la carenza di specialisti riguarda ovunque medici di Pronto soccorso, scarseggiano nefrologi e cardiologi, a Como manca il 30% degli psichiatri e in tutta la provincia un medico di base su tre. Non si trovano nemmeno i pediatri, secondo la Fondazione Gimbe nel nostro territorio il rapporto tra i pediatri di libera scelta e i bambini assistiti è arrivato a uno ogni 961, quando non dovrebbe superare il tetto degli 800.

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