Cronaca / Cantù - Mariano
Martedì 28 Gennaio 2025
Il Pd: «Giubiana, basta donne al rogo» Il sindaco: «È una nostra tradizione»
Polemica a Cantù Il segretario Francesca Somaini: «Tradizione anacronistica che perpetua violenza di genere». La replica del primo cittadino Alice Galbiati: «Il rispetto è un’altra cosa. Serve impegno, non formalismi o censure di facciata»
Chiedere di modificare le tradizioni, di solito, significa giocare con il fuoco. In questo caso, letteralmente.
Ma secondo la segretaria del Partito Democratico cittadino Francesca Somaini è arrivato il momento, all’alba del 2025, di rinnovare il rito del rogo della Giubiana, in programma giovedì, perché l’idea di propiziare una buona annata bruciando una donna «è tanto anacronistica quanto pericolosa, soprattutto in un periodo storico in cui la violenza sulle donne è un fenomeno radicato e purtroppo in crescita».
Altri tempi, altra sensibilità. Pensare che nel 1978 a impersonare la bella castellana fedifraga che nel XII secolo, secondo leggenda di poco salda fondatezza storica, tradì per amore Cantù, nella guerra tra milanesi e comaschi, era stata una ragazza in carne e ossa. Solo nel corteo, non sul rogo, meglio precisare. Quella canturina è la più celebre tra le Giubiane del territorio. Base comune a tutte, quella dei falò allestiti dai contadini, nei quali si brucia una megera che rappresenta i rigori dell’inverno, le paure da esorcizzare col fuoco.
«Stereotipi dannosi»
«Nel 2025 – dice Francesca Somaini - in un’epoca in cui la consapevolezza riguardo alla violenza di genere e contro le donne è finalmente aumentata, appare difficile giustificare la persistenza di tradizioni che, seppur radicate nella cultura popolare, continuano a perpetuare stereotipi dannosi». La figura femminile, prosegue, associata al fuoco e alla sua eliminazione, «anche se parte di una storia popolare, non è solo un residuo del passato, ma un perpetuarsi di immagini che legittimano la violenza contro le donne. In un contesto sociale dove i femminicidi sono una realtà quotidiana, è responsabilità di tutti e tutte rivedere e ripensare queste tradizioni». Ripensare, assicura, non certo eliminare una delle manifestazioni più partecipate, ma «cercare forme di celebrazione che non alimentino la cultura della violenza». Insomma «un nuovo e migliore modo per onorare le vecchie tradizioni».
La replica
Il sindaco Alice Galbiati non condivide, come già non aveva condiviso in consiglio la richiesta della dem Allegra Roberta Cangi di usare i termini sindaca e consigliera: «Per quanto mi riguarda il rispetto del genere non passa dai formalismi, ma necessita di azioni concrete, consapevoli e convinte. Snaturare una tradizione fino a renderla addirittura un “simbolo della violenza di genere”, oltre ad essere profondamente errato, a mio avviso non aggiungerebbe nulla all’impegno di questa Amministrazione al contrasto della violenza di genere». Per questo invita il Pd canturino a partecipare alle iniziative organizzate sul tema e «a proporne loro stessi - continua Galbiati -, purché davvero riescano a superare il recinto del formalismo nel quale sono chiusi. La sfida di oggi non è quella di cancellare le nostre tradizioni con censure di facciata, ma di lavorare insieme, come comunità, per promuovere il rispetto, la parità e la coesione sociale, tenendo sempre a mente le lezioni del passato».
Anche Enrico Broggi, presidente di Per Cantù, boccia l’appello: «Questa polemica non mi interessa. Non intendo stravolgere la tradizione alla quale ci atteniamo e nessun radical chic può farmi cambiare idea. Se la leggenda avesse detto che a tradire Cantù era stato un uomo, il fantoccio avrebbe avuto fattezze maschili».
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