Il Tar ha dato ragione agli islamici: «Moschea da aprire entro un mese »

Cantù Il Tribunale ha concesso il permesso di «cambio di destinazione d’uso del capannone». Latorraca: «Contenti della svolta». Il sindaco: «Sentenza da studiare per capire come reagire»

Tra poche settimane saranno trascorsi dieci anni tondi dalla prima volta che venne presentata in piazza Parini una richiesta di permesso di costruire per «completamento di capannone industriale con cambio di destinazione d’uso», ovvero per consentire all’associazione islamica Assalam di poter pregare nell’immobile di sua proprietà in via Milano.

Oggi è la quarta sezione del Tribunale Amministrativo Regionale di Milano a concedere il permesso che l’amministrazione nega da allora, con una sentenza che stabilisce non solo che il Comune di Cantù dovrà rilasciarlo entro trenta giorni, ma anche che in caso di «di ulteriore inerzia», decorso tale termine, «provvederà, in luogo dell’amministrazione rimasta inadempiente, il commissario ad acta che si nomina, sin d’ora, nella persona del Prefetto di Milano, o suo delegato».

Sentenza agognata da tempo, anche se, dopo anni di braccio di ferro nelle aule di tribunale, Vincenzo Latorraca, legale di Assalam con Michela Luraghi, resta pragmatico: «Siamo contenti, si comincia finalmente a vedere la luce. Ma non sono convinto che finisca qui, l’amministrazione potrebbe decidere di appellare la sentenza. A questo punto, però, valutino bene le loro azioni, delle quali dovranno rispondere. Di fronte a 150mila euro di denaro dei canturini utilizzati per spese legali, in questi anni, per negare il diritto di culto, e di fronte a una sentenza nettissima come questa, io rifletterei bene».

Il sindaco Alice Galbiati, in merito alla sentenza pubblicata nelle ultime ore, per il momento si limita a prenderne atto: «Mi riservo di leggerla, e di approfondirla con l’avvocato che ci rappresenta. Un approfondimento sia tecnico, con lui, che politico, per decidere ora come procedere». Lo scorso luglio l’associazione Assalam aveva presentato ricorso per ottenere l’ottemperanza di quella precedente, di febbraio. Sentenza che era stata accolta con grande soddisfazione e che, annullando il secondo diniego della domanda di permesso di costruire per luogo di culto, accoglieva il loro ricorso, riconoscendo che il Comune di Cantù deve consentire l’esercizio della libertà di culto laddove siano rispettate le norme di legge, a cominciare dalla Costituzione, e regolamenti, e smontando tutte le motivazioni opposte per non concedere il rilascio del titolo edilizio. Ma non era bastato, l’amministrazione di centrodestra era rimasta ferma sulle proprie posizioni riguardo a quella che ha sempre definito una moschea abusiva. Il Tar si è ora espresso, accogliendo il ricorso, ritenuto fondato, e quindi stabilendo che il Comune deve dare attuazione alla sentenza e rilasciare il permesso di costruire.

Se non lo farà entro trenta giorni, lo farà il prefetto di Milano. E condanna piazza Parini anche al pagamento delle spese di giudizio, 2mila euro. Un caso ormai politico, non urbanistico.

L’associazione Assalam

Il consigliere di Cantù Civica Omar Bourass, in aula, portavoce dell’associazione Assalam, aveva lanciato un appello alla maggioranza: «E’ forse giunto il tempo per chiudere una pagina di scontri legali e per trovare, con il dialogo, una soluzione per la comunità islamica che vive e lavora nella nostra città e che ha il diritto di incontrarsi di pregare come ogni cittadino. Lavoriamo insieme, in questo consiglio, per evitare che siano i giudici a dover decidere». E invece è toccato a loro.

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