Morto investito, il dolore della sorella: «Ora niente potrà ridarci Domenico»

Vighizzolo Caterina Salamone: «È uscito per comprare le sigarette, non l’ho più visto vivo. Con noi era felice, sorrideva, a volte ballava. Non può essere inciampato». Si attende l’autopsia

«Niente potrà ridarci mio fratello». La sorella di Domenico Salamone, il 63enne investito lunedì sera da un’auto in viale Italia e morto all’arrivo all’ospedale Sant’Anna di San Fermo, ha soltanto parole di dolore, amarezza e lacrime: Caterina Salamone, senza mai interrompere il suo pianto, ripercorre l’ultimo giorno di vita del fratello.

«Domenico è uscito di casa, come abbiamo capito, per andare a prendere le sigarette - dice - Io l’avrei poi raggiunto nella sua passeggiata. Poi non l’ho visto più arrivare. Gli ho telefonato. Ma al suo cellulare mi hanno risposto i carabinieri».

Un profondo dolore

È un dolore che non può trovare pace, quello di Caterina. «Ho guardato due volte giù in strada, perché non lo vedevo - dice la sorella - Ho detto: finisco di stendere i panni e vado. Nel frattempo, sono anche scesa, sono andata a metà strada. Ma poi pensavo che potesse passare dall’altra parte della via. Ho sentito anche l’ambulanza».

Domenico non poteva parlare: sordomuto, si esprimeva a gesti, non quelli della Lis, la lingua italiana dei segni, ma gesti più semplici, elementari. Per dire che usciva per le sigarette, ha mimato il gesto del fumatore: due dita alle labbra. E, dalla casa di via General Cantore a Vighizzolo di Cantù, dove da qualche anno viveva con la sorella - Caterina ha deciso di farlo venire qui dalla Basilicata per poterlo aiutare al meglio - si è diretto verso il Sidonia, il bar tabacchi di via Fossano, sullo stesso rettilineo tra Cantù e Vighizzolo dove poco dopo avrebbe perso la vita.

Qui, non ha preso come suo solito - come ricordano da dietro il bancone, e ricordano anche il suo essere gentile, la sua incertezza, a volte, nell’incedere - le sue sigarette, le Ms slim. Anche perché di solito c’è qualche cliente che volentieri gliele regala. Come dice chi era di turno lunedì sera, Domenico, al bar, lunedì, non sarebbe entrato. Era da solo, dicono. Forse la sua sigaretta l’avrà fumata in un altro momento. Ma si ricordano che, come faceva spesso, si è affacciato e ha sorriso. E, come confida con le lacrime agli occhi chi ha ricevuto quel sorriso, vengono i brividi a pensare che potesse essere l’ultimo sorriso di Domenico.

La tragedia in viale Italia

Quindi, alle 20.15 circa, di ritorno, in prossimità del marciapiede di viale Italia, all’altezza della clinica veterinaria, il contatto con la Renaul Twingo. Alla guida: un ragazzo. La famiglia ritiene che Domenico non sia inciampato tra il marciapiede e la strada, come è stato detto in un primissimo momento: «Non può essere inciampato, le ferite dicono altro», afferma la sorella. Ad ogni modo, gli accertamenti, da parte dei Carabinieri di Cantù, sono in corso. Filtra anche l’amarezza per un mancato riconoscimento, in famiglia, legato alla legge 104/92. Domenico, quantomeno, percepiva la pensione in quanto disabile. Era un utente del centro diurno disabili dell’Azienda Galliano, a Capiago Intimiano: «Lui diceva che era come andare a scuola. Era felice. Amava gli animali. A volte, in casa, lo sorprendevo anche a ballare».

La Procura di Como ha disposto l’autopsia sul suo corpo. Dopo il nullaosta, i funerali, per lui che era originario di Terranova del Pollino, sei tra fratelli e sorelle, un’anziana madre, si celebreranno in Basilicata.

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