Sanità, in Lombardia si cambia
Più posti letto e “case della salute”

Novità con la riforma della legge regionale - Pazienti nella “cittadella” di via Napoleona per liberare spazi al Sant’Anna - Sul territorio strutture con medici di famiglia e infermieri

La sanità cambia, di nuovo. A breve la giunta regionale approverà le linee di indirizzo per la modifica della legge 23, nota come riforma Maroni, e si aprirà un percorso che - spiega il presidente del consiglio regionale Alessandro Fermi - passerà per una serie di audizioni in commissione Sanità e poi approderà a un vero e proprio progetto di legge entro fine luglio. Quindi l’approvazione, salvo intoppi, a novembre.

I cambiamenti potrebbero toccare da vicino il nostro territorio, con la nascita di “ospedali di comunità” (all’ex Sant’Anna e a Mariano Comense) e l’attivazione di alcune “case della salute”, previste anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. «L’anno di pandemia - dice Fermi - ha certificato le criticità nell’assetto attuale, e mi pare che siamo tutti d’accordo. C’è una convergenza tra le forze politiche, il mondo sindacale e quello delle professioni: il punto centrale è la richiesta di rafforzare la medicina territoriale, qui siamo andati maggiormente in difficoltà. Va detto che la legge 23 prevedeva già il tema del “prendersi cura” e della medicina territoriale, ma l’obiettivo non è stato raggiunto. Dobbiamo analizzare quali sono state le cause e fare in modo che quell’idea ora si concretizzi. Bisogna garantire una prossimità, una vicinanza ai cittadini che hanno esigenze in termini di salute, e lo si può fare con diversi strumenti. Innanzitutto chiarendo meglio chi “fa ospedale” e chi lavora sul territorio, sono due ambiti separati anche se non significa che non se ne possa occupare lo stesso ente, e mi riferisco alle Asst. Se il compito rimarrà in capo a loro, servirà un rafforzamento dei dipartimenti Cure primarie e Prevenzione. E poi, come indicato anche da Agenas, va recuperato il tema dei distretti, aree che coprano circa 100mila abitanti e non restino solo sulla carta ma eroghino servizi a quel singolo territorio».

Calare questi obiettivi sulla provincia comasca vuol dire riferirsi innanzitutto alla cittadella sanitaria, l’area dell’ex Sant’Anna destinata a servizi legati alla salute.

«Via Napoleona? Una delle opportunità è creare lì un “ospedale di comunità”, una struttura a bassa intensità, per la convalescenza dopo la fase acuta, con una gestione prevalentemente infermieristica. Un modo per liberare posti letto all’ospedale di San Fermo, posti da utilizzare per i pazienti acuti, visto che i numeri segnalano una carenza nella nostra provincia. Un’idea che va di pari passo al rafforzamento della figura dell’infermiere di famiglia».

L’ospedale di comunità avrebbe una dotazione iniziale di 20-40 letti: «Ci sono certamente - nota Fermi - edifici adatti, all’ex Sant’Anna. Nell’ormai datato accordo di programma alcuni fanno parte della zona che si pensava da vendere ai privati, ma credo che una modifica sia fattibile in tempi rapidi, forse può bastare una revisione del piano delle alienazioni senza nemmeno rimetter mano all’accordo in sé. Si potrebbe pensare a uno spazio del genere anche a Mariano Comense, al “Felice Villa”».

Altra novità rilevante è la nascita di “case della salute”, strutture intermedie in grado di gestire alcune patologie e offrire una serie di esami: «Non può pesare tutto sull’ospedale, sul Pronto soccorso - sottolinea Fermi - È necessario lavorare con i medici di famiglia per dar vita a queste “case”. Vanno pensate insieme. La medicina del territorio funziona se ci sono tre pilastri: medici di famiglia, infermieri e farmacie».

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