Como: visite ed esami
Il virus allunga le code

Almeno quattro mesi di tempo per prenotare qualsiasi prestazione sanitaria specialistica.Numeri tuttora dimezzati a causa della pandemia. L’allarme del primario: «I pazienti rimandano i controlli a lungo»

Nel 2019 l’allora assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera, in visita a Como, definiva il problema delle liste d’attesa nella sanità «a rischio collasso». Oggi, dopo oltre un anno di pandemia, il problema si è aggravato. I nostri ospedali faticano a riprendere i ritmi pre pandemia, già definiti dai responsabili lombardi della sanità come ai limiti dell’emergenza. E per una qualsiasi prestazione specialistica i tempi di attesa sono superiori ai quattro mesi e arrivano addirittura ai nove mesi.

Attendere, prego

Qualche esempio. A marzo per una visita endocrinologica e diabetologica programmata ci volevano 135 giorni d’attesa al Sant’Anna. Reparti come la pneumologia di Cantù fanno attendere di più e del resto sono tra gli specialisti più richiesti con la pandemia ancora in corso.

Rimanendo in città al Valduce, in aprile, per una colonscopia programmabile servivano 149 giorni, 251 per vedere un gastroenterologo. Per una mammografia servono 144 al Sant’Anna e 275 al Valduce.

I medici di famiglia segnalano che negli ultimi mesi i tempi si sono talmente dilatati che dirottano le loro pazienti altrove, per esempio da Synlab o al centro diagnostico di Grandate. Ci sono specialisti, come i nefrologi o i reumatologi, che già prima della pandemia erano carenti in numero sul nostro territorio e che ora difficilmente hanno posto.

Una situazione al limite - se non oltre - che ovviamente si è aggravata a causa dell’emergenza Covid. I principali presidi come il Sant’Anna e il Sant’Antonio Abate di Cantù stanno ancora curando un gran numero di pazienti contagiati. Il pubblico ha sostenuto l’impatto più pesante nella lotta al Covid, ma a cascata anche molte prestazioni nel privato sono andate in difficoltà. Nella prima ondata il blocco è stato totale salvo urgenze, in estate si è cercato di recuperare il terreno perduto. Nella seconda ondata, da ottobre, gli ambulatori non hanno chiuso, ma controlli e visite sono per forza diminuiti.

Anche la chirurgia va a rilento, tre delle quattro aree chirurgiche del Sant’Anna sono ferme. Viene sempre garantita una priorità alle urgenze, ma ci sono anche piccole operazioni di routine che vengono rinviate. A marzo di quest’anno l’Asst Lariana ha effettuato in tutti i suoi presidi 37.858 visite e controlli, erano 66.847 nel marzo del 2019.

Il futuro non è roseo

Le difficoltà insomma ci sono e la ripartenza non è imminente. Perché negli ospedali della nostra provincia ci sono ancora circa 300 pazienti Covid, due su tre nell’Asst Lariana e finché la curva della pandemia non calerà davvero è complicato pensare ad una veloce ripresa delle attività.

Non bastasse restano le norme di distanziamento, gli orari da dilatare, le sanificazioni, ma anche le legittime ferie che medici e infermieri non fanno da troppi mesi. Senza contare che è in corso la più grande campagna vaccinale della storia, pure questa pesa sulle spalle dei sanitari ospedalieri.

«Il calo complessivo delle prestazioni sanitarie c’è stato – dice Giovanni Corrado, primario della cardiologia del Valduce – anche soltanto per il personale impegnato nella lotta al Covid e sottratto agli altri bisogni di cura. E si vede ancora adesso con i pazienti arrivano negli ambulatori dopo aver a lungo rinviato i controlli. La speranza è che le vaccinazioni ci portino verso un progressivo ritorno alla normalità. Anche per questioni che sembrano secondarie, ma non lo sono. Per esempio il divieto per i parenti di salire nei reparti a trovare i ricoverati, il fattore umano è un grosso ostacolo da superare».

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