«A Como pochi letti : ecco perché si intasa il pronto soccorso»

Intervista Roberto Pusinelli, primario del reparto al Sant’Anna e responsabile del dipartimento Emergenza, Rianimazione e Anestesia spiega le ragioni di un problema che ha sollevato numerose lamentele tra i comaschi

Lunghe attese al Pronto soccorso. Quante volte ne abbiamo scritto, quante lamentele abbiamo ricevuto dai comaschi. Ebbene, il responsabile della struttura del Sant’Anna, Roberto Pusinelli, non nega affatto il problema. Semmai ne spiega le ragioni e lancia un paio di appelli (il primo esplicito, il secondo tra le righe) a chi potrebbe attivarsi per migliorare la situazione: i cittadini da un lato, la Regione dall’altro.

Dottor Pusinelli, come sta andando questa estate in Pronto soccorso?

Non ci manca il lavoro. Magari non tutti lo ricordano, ma c’è ancora il Covid e ci sta impegnando parecchio. Inoltre, proprio per il virus, gli spazi sono ridotti: una parte è destinata a chi arriva, viene trovato positivo e va isolato.

Ci sono ancora molti casi?

Siamo nell’ordine di dieci positivi al giorno, non pochi. Non tutti stanno male, una percentuale viene rimandata al domicilio, alcuni entrano per altre ragioni e vengono trovati positivi. Purtroppo capita ancora di vedere anziani non vaccinati, e stanno male. E giovani non vaccinati, e stanno male anche loro.

Le lunghe attese però c’erano anche prima del Covid.

Qui c’è molta auto presentazione, perché come ospedale abbiamo un’offerta superiore agli altri. Ma c’è anche un evidente problema sul territorio. Un po’ è il territorio che non garantisce il filtro, un po’ sono le persone che non vogliono “farsi filtrare”. Il risultato è che vengono tutti qui, anche quelli che non dovrebbero, e poi magari sbraitano.

Dove sbagliano i cittadini?

Il messaggio che vorrei far passare è che bisogna rivolgersi, per problemi non gravi, al medico di famiglia. Molti non lo sentono nemmeno. Certo, qualche medico di base non è molto disponibile e dopo un certo orario non visita. Poi qualcuno poi viene da noi pensando di saltare la lista d’attesa per un esame, altri arrivano con l’auto-diagnosi e si lamentano se non facciamo come dicono.

E gli anziani?

Emerge in maniera sempre più preoccupante il tema dei familiari che non vogliono farsi carico a casa di un parente anziano e quindi si lamentano se non lo ricoveriamo. La società è cambiata e non mi pare in meglio. Discorso diverso invece è quello delle famiglie che hanno difficoltà economiche e non possono permettersi la badante o la casa di riposo.

Come si affronta il problema?

Abbiamo attivato da venti giorni la figura dell’infermiere di famiglia, legato alle case di comunità, e sta dando dei buoni risultati. Se per esempio un anziano deve proseguire una cura antibiotica a casa, allertiamo la caposala e il medico di base e loro possono attivare l’infermiere che segue il paziente a domicilio, gratis.

Sono frequenti le aggressioni al personale?

La gente non è contenta in generale della sanità, noi siamo il primo anello della catena e quindi se la prendono con noi. Poi c’è il paziente psichiatrico, il paziente sotto effetto di sostanze... La direzione è molto attenta alla questione sicurezza, ma accade tutto in pochi secondi e sono episodi che non si possono prevedere, quindi si può far poco.

Però è vero che le attese sono lunghe, o no?

La gente aspetta, indubbiamente. E spesso a lungo, prima di poter essere ricoverata in reparto. Ci sono familiari che si infuriano. La mentalità che va per la maggiore è voler essere curati subito, e degli altri chi se ne importa.

Abbiamo parlato dell’uso improprio del Pronto soccorso. Ma il vero nodo è quello?

No. Il punto centrale è che in provincia di Como abbiamo 1,2 posti letto pubblici ogni mille abitanti e 1,1 nella rete privata. Siamo quindi ben lontani dallo standard richiesto che è di 3,7 ogni mille abitanti. Questo è il cuore del problema. La gente per forza si ferma in Pronto soccorso, è matematico.

Il Sant’Anna è troppo piccolo?

Io so che noi facciamo la presa in carico, la cura, la stabilizzazione, poi il nostro compito è finito. Chi ne ha necessità dovrebbe essere ricoverato, e qui si inceppa il meccanismo. Abbiamo perso molti letti rispetto al vecchio Sant’Anna, non so perché. Se manca una rete intorno per i pazienti, non può funzionare. Infatti molti ospedali sono tornati indietro, al modello “vecchio”.

Per una volta siete voi, insomma, a lanciare un Sos.

Guardiamo i dati: mentre stiamo parlando noi abbiamo 45 pazienti in trattamento (di cui 8 codici rossi e 24 gialli), più 15 in attesa. Lecco ne ha 22, e ha più posti di noi per i ricoveri. Varese ne ha 78, e ha molti più posti letto e molti più medici, compresi gli specializzandi che porta via a noi.

Il Pronto soccorso verrà ampliato?

Sì, e potremo organizzare meglio i percorsi dell’urgenza. Se poi però ci sono pochi letti per ricoverare, il problema resta. Avremo “solo” spazi più accoglienti e comodi, un’attesa più decorosa.

C’è carenza di medici?

I concorsi si fanno. Ma sono pochi a voler stare in Pronto soccorso, non è un lavoro attrattivo. Comporta turni faticosi, il rischio di cause legali visto che ormai è diventata una moda andare dall’avvocato, per di più il medico di Pronto soccorso non può fare la libera professione e quindi non ha introiti aggiuntivi.

Mancano i giovani, quindi?

I giovani preferiscono fare il dermatologo, o il chirurgo plastico magari… Sono stati aperti molti posti di specialità ma sono rimasti vacanti. Solo chi ha l’università, quindi Niguarda, Policlinico e Monza, non ha problemi. Gli altri sono tutti in difficoltà. Servirebbero stipendi più alti all’ingresso, bonus specifici per questo settore.

Rispetto a qualche anno fa la tipologia di pazienti è cambiata?

Più turisti. E arrivano tanti giovanissimi con problemi legati all’assunzione di droghe. Noi in questi casi curiamo il sintomo, nei giorni successivi si cercano le sostanze, abbiamo un apposito laboratorio. Spesso sono sostanze talmente nuove che le scopriamo per la prima volta. Solitamente sono eccitanti e questo può portare il soggetto a dare in escandescenze, aggredire il personale o danneggiare gli spazi.

Si arrabbia per le lamentele?

Tengo solo a dire che acqua e pasti sono garantiti a tutti i pazienti in attesa, chi vi ha raccontato altro ha mentito. E nel caso degli anziani facciamo sempre entrare un accompagnatore. Possiamo sbagliare, ma noi non mandiamo indietro nessuno, mai. Facciamo del nostro meglio ogni giorno.

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