Cronaca / Como città
Lunedì 06 Gennaio 2020
A Como si prescrive un reato su cento
Dal primo gennaio è cambiata la norma sulla durata dei processi: dopo il primo grado niente più limiti - Il procuratore: «Da noi nessuna ripercussione. Ma in appello i tempi dei procedimenti potrebbero allungarsi»
Soltanto un reato su cento finisce archiviato e senza giustizia a causa della lentezza dei tempi della giustizia. Il dato emerge all’indomani dell’entrata in vigore della riforma della prescrizione. Dal primo dell’anno, infatti, sarà molto più difficile che un fascicolo venga chiuso con una sentenza di non luogo a procedere perché decorsi i tempi massimi d’attesa di una sentenza: il Parlamento ha cancellato la prescrizione dopo il primo grado. Questo significa che, una volta pronunciata la prima sentenza (che sia di condanna o di assoluzione, davanti al Tribunale o al giudice delle udienze preliminari), i successivi gradi di giudizio potranno paradossalmente arrivare anche dopo decenni senza che questo causi la prescrizione.
Per Como gli effetti dovrebbero essere contenuti, almeno stando ai numeri. Lo scorso anno su 7.490 procedimenti chiusi dalla Procura, solo in 67 casi è stata chiesta l’archiviazione per avvenuta prescrizione.
E davanti al Tribunale monocratico su 1.314 sentenze, solo 21 sono finite con la dichiarazione di prescrizione. Complessivamente, e in media, meno dell’1% dei fascicoli totali.
«I dati sia della realtà di Como che della corte d’Appello di Milano sono in linea con i tempi medi di definizione dei processi che ci sono in Europa e in controtendenza rispetto a quelli nazionali, che sono più lunghi - sottolinea Nicola Piacente, il procuratore capo di Como - Penso quindi che la norma non avrà grandi ricadute qui. Sicuramente non ne avrà per la fase delle indagini preliminari». Volendo leggere il dato sotto un altro punto di vista, si potrebbe anche dire che gli indagati a Como non potranno mai più sperare nella prescrizione, per salvarsi dalla sentenza.
Proprio su questo aspetto si è innescata una grande polemica, soprattutto da parte degli avvocati: «Ha colpito molto - conferma il procuratore - il cosiddetto blocco della prescrizione dopo il primo grado. Obiettivamente questo provvedimento preannuncia un possibile allungamento della durata dei processi d’appello, in alcuni casi». La prescrizione esisteva, nel nostro ordinamento, per mettere in pratica il principio costituzionale della giusta durata di un processo: «L’Italia non è l’unico Paese che prevede il blocco della prescrizione in appello, in Europa. Ma, rispetto a tutti i Paesi del Consiglio d’Europa, è quella con i tempi di durata più lunghi dei processi. Il pericolo, in prospettiva, è che l’Europa possa procedere con una condanna del nostro Paese per la lesione del principio sulla ragionevole durata del processo. Sempre nel pieno rispetto delle decisioni del legislatore, forse serviva un ripensamento più organico del processo così da avere una maggiore celerità nei processi». Senza rischiare di costringere gli imputati ad attendere anche più di dieci anni per una sentenza definitiva.
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