Cronaca / Como città
Sabato 09 Luglio 2022
Abusi sulla figlia di soli 4 anni degli amici: condannato per violenza sessuale
Il processo Quattro anni di carcere a carico di un professore universitario Quando la piccola ha raccontato le molestie subite, anche la compagna dell’accusato le ha creduto
I dubbi - procedurali - sollevati dalla Corte di cassazione sulle modalità con cui una bimba di 4 anno - all’epoca dei fatti - è stata sentita nell’ambito di un procedimento per violenza sessuale ai suoi danni, non cambiano la sostanza di una vicenda tanto triste quanto complessa: il professore universitario accusato di aver molestato la piccola è colpevole. E va condannato. La Corte d’appello di Milano ha confermato i 4 anni di reclusione a carico di un uomo di 53 anni, bresciano, finito a processo dopo che una coppia di comaschi lo ha denunciato per gli abusi sessuali sulla loro bambina.
Vicenda complicata e senz’ombra di dubbio difficile, quella che ormai da cinque anni rimbalza per uffici giudiziari. Dal Tribunale di Como - che aveva emesso una sentenza di condanna pesantissima a 7 anni e 8 mesi - ai giudici d’appello di Milano - che avevano confermato la condanna, ma ridotto la pena a 4 anni - alla Corte di Cassazione - che aveva annullato la sentenza - e di nuovo a un’altra sezione della Corte d’appello che ha emesso una sentenza sostanzialmente identica, nell’esito finale, a quella dei colleghi.
Vicenda umana e processuale da risvolti drammatici e incredibili, quella che - con ogni probabilità - tornerà nuovamente sul tavolo della Cassazione. Drammatici, perché di mezzo c’è una bimba di 4 anni che ha raccontato di certe attenzioni ricevute dall’amico di mamma e di papà. Incredibili perché la stessa compagna dell’imputato, amica di vecchia data della mamma della bimba, ha creduto alla denuncia nei confronti dell’uomo con cui aveva condiviso vent’anni di vita. Proprio l’ex compagna del professore è l’involontaria trait d’unione tra l’uomo e la sua vicenda processuale. Perché la coppia inizia a frequentare la famiglia comasca con regolarità, trascorrendo molto spesso anche le vacanze assieme. Una domenica sera di inizio autunno del 2017, però, cambia tutto. La bimba, mentre parla con la mamma, racconta di tre episodi nel corso dei quali l’amico di famiglia l’avrebbe molestata sessualmente. Ovviamente la parola “molestia” non viene mai usata, ma il racconto è tale da tradurre quella ricostruzione in un’accusa di violenza sessuale su minorenni.
I genitori vogliono capire meglio la questione. Fanno passare qualche giorno, poi la mamma decide di confidarsi e di confrontarsi con la sua amica, la compagna di Alari. La quale, nel corso della sua testimonianza in Tribunale a Como, dirà: «La rivelazione pur se mi ha scioccata non l’ho trovata impossibile. Ho subito creduto» al racconto della bimba. Confortata dall’appoggio della donna, la mamma decide di rivolgersi - assieme al marito - alla sezione soggetti deboli della squadra mobile di Como, dove formalizza la denuncia. La perquisizione a casa dell’ingegnere e professore universitario, che nulla sospettava visto che la compagna aveva deciso di non rivelargli le confidenze fatte dall’amica, conduce a un primo riscontro indiretto: i poliziotti trovano sul computer delle fotografie catalogate come “pedopornografiche”.
Viene così disposto l’incidente probatorio, ovvero la bambina viene sentita dal giudice delle indagini preliminari assieme a una psicologa per verificare il suo ricordo o il suo racconto sulle confidenze fatte alla madre mesi prima. Nel corso del quale la piccola non riferisce nulla contro l’amico di mamma e papà e non conferma le molestie subite. Su quell’incidente probatorio la Cassazione ha avuto da ridire, dal punto di vista della procedura più che del contenuto. La condanna in appello viene dunque cancellata, gli atti tornano ai giudici di Milano. Che meno di un anno dopo, però, confermano tutto quanto: il professore è colpevole e merita di essere condannato a 4 anni di reclusione per l’accusa di violenza su una bimba di 4 anni, all’epoca dei fatti. Di certo il caso tornerà di fronte alla Cassazione, una volta che ci saranno le motivazioni della sentenza.
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