Accusati di fatture false per 70 milioni, ma il rimpallo tra procure affossa l’inchiesta

Giustizia Si avvicina la prescrizione per quattordici imputati accusati in una maxi frode fiscale. I reati contestati risalgono a oltre 10 anni fa. Milano annulla il processo e manda tutto a Como

Le prime fatture false, o almeno tali le ritiene l’accusa, sono state emesse in provincia di Como. Da una società cartiera - ovvero nata esclusivamente per produrre fatture per operazioni inesistenti, così da consentire ad altre società reali di frodare il fisco - di nome BarPlast. Ma nella rete degli investigatori sono finite altre centinaia di fatture prodotte in provincia di Milano, nel Varesotto, nella Brianza monzese. Ed è per questo, a causa del ginepraio di carte fiscali contestate, che la maxi inchiesta a carico di quattordici persone accusate - a vario titolo - di aver messo in piedi una colossale frode milionaria ai danni delle casse dello Stato, rischia - anzi è certo - di finire in nulla.

L’indagine

Prescrizione. È questo il destino di un fascicolo che lo scorso anno il Tribunale di Milano ha spedito per competenza alla Procura di Como. La vicenda è legata all’attività della Az Chimica Cuggiono Srl (società dichiarata fallita nel settembre 2013) e, soprattutto, alla mole di fatture emesse a suo favore da una serie di società verosimilmente cartiere.

Il conto finale di questa mastodontica produzione di fatture ammonta a una cifra che si aggira sui 70 milioni di euro in tre anni. Il che, tradotto, avrebbe consentito indebiti crediti Iva con il fisco di oltre una decina di milioni di euro.

L’inchiesta delle fiamme gialle era nata undici anni fa sulla base di verifiche fiscali che avevano portato alla luce l’ammontare esorbitante di fatture emesse per operazioni delle quali, poi, non si trovava alcuna traccia concreta. Il meccanismo, ipotizzato dalla Procura di Milano, è chiaro: società destinate poi a chiudere e sparire. Basti dire che la società delle fatture comasche, accusata di aver fatto lavori per la Az Chimica per una cifra non inferiore ai 3 milioni di euro, si occupa di commercio all’ingrosso di gomma e materia plastiche. E che il fatturato degli anni dopo il boom di fatture contestate dalle fiamme gialle sia sceso sotto i centomila euro annuo.

Da Milano a Como

L’inchiesta, come detto, è però destinata a sfociare in un nulla assoluto. Questo perché il processo che si è aperto in Tribunale a Milano, di fronte ala terza sezione penale, si è concluso - pochi giorni prima del Natale 2021 - con la dichiarazione dei giudici di incompetenza territoriale. E con la conseguente decisione di inviare tutto l’incartamento - diversi faldoni pieni di documenti - alla Procura di Como, competente in quanto sul Lario sarebbero state emesse le prime fatture contestate.

Il fascicolo - giunto in riva al lago meno di un anno fa - è tuttora fermo in attesa di una richiesta di rinvio a giudizio. Che, con la riforma Cartabia e l’introduzione della “ragionevole previsione della condanna” - che prevede il dovere di archiviare il tutto se non si dovesse arrivare a una pronuncia di colpevolezza - è chiaramente destinato a non vedere più la strada delle aule di giustizia. Con buona pace per anni di indagine e decine di milioni di euro che sarebbero stati frodati al fisco.

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