L’ultimo saluto al pm Fadda: «Sei stato un faro
di onestà e coraggio»

Il lutto Centinaia di amici e colleghi ieri a Grandate per l’ultimo saluto al magistrato della Procura lariana. Chiesa strapiena per un immenso tributo di affetto

Strideva il silenzio assoluto della chiesa di Grandate, ieri pomeriggio, al ricordo della voce potente del pm Mariano Fadda, un timbro inconfondibile, che si udiva nei corridoi, che squillava nelle aule. Non strideva il cielo, plumbeo, a dare colore e luce all’animo delle molte persone radunate per l’ultimo saluto al magistrato morto sabato a 61 anni dopo una lunga malattia.

Era molto apprezzato, amato, il pm Fadda. E l’ha ricordato uno dei figli, Francesco, salito sul pulpito, concluse le esequie, per salutare il padre, impugnando un suo vecchio libro di poesie e leggendo “Avidamente allargo la mia mano” di Quasimodo. «Grazie per la vostra vicinanza, che ci fa capire quanto mio padre fosse amato».

«Un giorno ci ritroveremo»

C’erano i magistrati di oggi e di ieri, personale del Tribunale, i collaboratori del suo ufficio - vicini fino all’ultimo - le forze dell’ordine, amici, parenti, avvocati. Le tre navate non sono bastate per accogliere tutti, con gente rimasta sul sagrato in attesa di potersi stringere all’uscita alla moglie Barbara e ai figli. A celebrare il funerale è stato un amico, don Roberto Pandolfi. «Come si fa a morire nel Signore? – ha detto – Giovedì ho incontrato Mariano. Abbiamo parlato dei Promessi Sposi. Ho chiesto quale fosse il suo passaggio preferito, e con la sua ironia mi ha risposto la morte di don Rodrigo. Poi abbiamo parlato dell’Innominato, che cambia la sua vita. Poi abbiamo parlato anche di Lucia che incontra Padre Cristoforo nel lazzaretto, poco prima di morire. E alla domanda “come sta?”, risponde “come Dio vuole”. In quel momento io e Mariano siamo rimasti in silenzio. Non un silenzio imbarazzato, ma dettato da pensieri profondi. Questo è morire nel Signore».

«Oggi si chiude un cerchio Lui e i suoi genitori si sono ritrovati. È una delle cose belle della fede. Non siamo chiamati a morire ma a vivere, ad aprire orizzonti infiniti. Perché un giorno ci ritroveremo». A salutare il padre sono poi saliti i tre figli, leggendo Quasimodo ma anche (Giuseppe) un’altra poesia dal titolo “Padre che muori tutti i giorni un poco”. Pietro ha invece ricordato il regalo del papà quando nacque, una maglietta con il testo della canzone “Forever young” e l’invito ad essere «sempre corretti», «a non perdere la voglia di giocare», ad essere «altruisti in modo disinteressato».

Il commiato dei colleghi

Paolo Camporini ha salutato il pm a nome degli avvocati, mentre il giudice Carlo Cecchetti ha parlato con la voce dei colleghi e di chi vive Palazzo di Giustizia: «Mariano perdonaci per questa nostra amarezza, che è il contrario della tua testimonianza di coraggio e di forza nella vita e nella malattia. Non è un tradimento il nostro, è che ci manchi... Le tue posizioni non sono mai state accomodanti, eppure hai sempre suscitato stima e rispetto. L’onestà senza compromessi, la schiena dritta sono stati i fari della tua vita. Eri consapevole del tuo ruolo e della responsabilità che ne derivavano». E rivolto alla famiglia: «Siate orgogliosi del vostro Mariano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA