Studio condotto sugli adolescenti comaschi: molto silenziosi, ma bisognosi d’ascolto

La ricerca Chiusi in se stessi, poco propensi ad aprirsi. È quanto emerge da una ricerca su un campione di 2.400 giovani studenti comaschi tra gli 11 e i 19 anni

Como

La maggior parte degli adolescenti comaschi si chiudono in sé stessi, mostrando scarsa propensione a chiedere aiuto.

È quanto emerge da Fonès, studio promosso dalla cooperativa AttivaMente e realizzato dal Centro studi sull’adolescenza Caos, in collaborazione con Fondazione Minotauro di Milano e Rotary Baradello. Il contesto fotografato dai ricercatori rappresenta un aumento del disagio giovanile, un incremento delle richieste d’aiuto, ma anche una crescita delle sofferenze che rimangono sommerse.

Questionari in classe

Il campione preso in esame comprende 2411 adolescenti comaschi, 1284 femmine e 1093 maschi, per il 31% tra gli 11 e i 13 anni e per il 69% tra i 14 e i 19 anni. Tutti studenti: il 30,3% iscritti a scuole professionali, il 29,2% a istituti tecnici, il 20,2% licei e il 20% alle medie. Per mesi nelle classi sono stati distribuiti e compilati questionari in forma anonima con 37 grandi domande relative a dieci diverse aree rappresentative del sentimento dei nostri giovani. Dall’affettività ai desideri lavorativi, dalla relazione con i genitori al successo scolastico, dai timori personali al rapporto con il proprio corpo.

La domanda che più di tutti colpisce, analizzati i risultati, è la seguente: «Cosa fai quando stai male?». Il 47,6% ha risposto «mi chiudo in me stesso», il 41,6% «preferisco non pensarci». Le due opzioni sono strettamente collegate, buona parte degli intervistati ha barrato entrambe le caselle. Dunque evitamento e isolamento davanti a problemi che se non digeriti possono tornare e manifestarsi in diverse forme. Non a caso gli psicologi del Minotauro che hanno presentato ieri lo studio, Filippo Rosa e Leopoldo Romanelli, hanno accennato a fenomeni crescenti quali disturbi dell’alimentazione, ritiro sociale, autolesionismo. Tornando alla domanda, davanti ai problemi il 32,7% cerca invece supporto negli amici e soltanto il 18,3% negli adulti. Adulti il cui ruolo in linea teorica viene riconosciuto dal 70% del campione, il 55,6% dice di essere guidato dagli insegnamenti della famiglia, ma che nei fatti appare poi distante. Per il poco ascolto offerto dai grandi, così ha riferito il 17% degli intervistati o per il timore di generare una eccessiva preoccupazione nei genitori, così il 14,9% degli studenti.

Una dissociazione

Parte dei giovani comaschi «sembra suggerire una fragilità dell’adulto». I dati dei questionari mostrano una discrepanza tra le risposte che propendono dalla parte delle famiglia, con una significativa fiducia riposta nei genitori, ma a cui poi non segue nel riscontro reale una richiesta d’aiuto nei momenti di difficoltà. «C’è una dissociazione, nelle situazioni reali i giovani preferiscono adottare strategie più ritirate o rivolgersi ai loro pari». Emerge anche tanta ansia, dettata da compiti, aspettative, aspetto esteriore, mentre gli adolescenti sembrano meno dipendenti da internet rispetto a quanto crediamo, più propensi a seguire passioni e interessi anche in vista del futuro lavoro. L’indagine proseguirà per gli aspetti della sfera sessuale.

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