Affitti solo per turisti: «Ora Como è questa
ma un tetto va messo»

Il dibattito Niente alloggi a prezzi abbordabili in centro. Spallino: «Fissare un numero di case vacanza e di letti». Spaccaforno (Politecnico): «Non si può tornare indietro»

Il suono dei trolley trascinati per le vie del centro è il rumore di fondo di una città che ha abbracciato la sua vocazione turistica, senza possibilità di invertire la rotta. Così la pensa chi ha osservato il fenomeno del turismo a Como, come Lorenzo Spallino, ex assessore all’Urbanistica della giunta Lucini, Angelo Caruso di Spaccaforno, urbanista residente in città e coordinatore del master del Politecnico “Polis Maker, per lo sviluppo delle città”, e Giulio Casati, fisico e direttore scientifico di Lake Como School of Advanced Studies. Tre punti di vista diversi, giunti però a una stessa conclusione: il trend ora non può essere invertito, solo gestito.

Per Spallino si tratta di una questione normativa: «Occorre stabilire il numero di case vacanza (sono settemila a Como, ndr) e il numero di letti per struttura. In questo può aiutare la legge della Regione sull’ospitalità, che è una buona legge perché fa emergere che quando si parla di affitti turistici si parla di attività economiche la cui regolazione non dovrebbe scontrarsi con l’incostituzionalità».

Servono nuove norme

La gestione del turismo nelle città, per impedire che la sua espansione eroda gli spazi di chi vi abita (come nel caso di Como, seconda solo a Milano per costo degli affitti), necessita di trovare punti di incontro tra esigenze del pubblico e diritti dei privati. «Una volta le decisioni della giurisprudenza su questo tema erano poche, oggi invece si sta lavorando in questa direzione per avere una norma nazionale» sottolinea Spallino. Non condivisibile invece per l’ex assessore la proposta, avanza su queste pagine dal sociologo Mauro Magatti, di alzare in misura significativa la tassa di soggiorno: «Questo colpirebbe anche l’attività alberghiera, che crea un indotto permanente e coinvolge un alto numero di dipendenti, a differenza della rendita passiva generata dalle case vacanza».

Anche Spaccaforno sposta la risoluzione del problema dall’aumento della tassa di soggiorno a una pianificazione di più ampio respiro: «Oggi Como è questo, una città turistica, non si può tornare indietro e non si può mortificare il turismo in toto, pena la “morte” della città». La proposta, nel caso dell’urbanista, è duplice: da un lato una politica comunale mirata a ridurre le trasformazioni della città murata e in particolare la scomparsa degli esercizi commerciali che costituiscono l’identità stessa della città; dall’altro «una commissione di studio multidisciplinare che sviluppi una normativa specifica per Como, tarata sulle sue peculiarità e sui suoi modelli abitativi. Non esiste una ricetta universale».

«La città torni a produrre»

La certezza però è che un freno va posto, e presto: «La città deve tornare a produrre e ad attirare i giovani - sottolinea Spallino - Dovrebbe essere il Comune a difendere i loro interessi, se vuole crescere». Giovani che faticano a trovare spazio in una città dove a essere caro non è più solo il centro storico, ma anche il circondario. «D’estate gli studenti che arrivano da tutto il mondo per la Lake Como School non trovano alloggi a buon prezzo - spiega Giulio Casati - Eppure il futuro di Como sta proprio nella sua capacità di attrarre e convincere a restare persone di elevato livello di istruzione, che la arricchiscano culturalmente».

Ora però è difficile farlo, se anche solo pernottare a Como per il tempo di una settimana di studi sembra improponibile a chi in città arriva senza indossare la veste del turista.

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