Allarme affitti a Como: «Poche case e solo per ricchi»

L’emergenza Il direttore della Caritas, Rossano Breda: «Non siamo più una realtà a misura di famiglia»

Una famiglia con due bambini per riuscire ad abitare a Como in un appartamento da 90 metri quadrati deve guadagnare almeno 4.200 euro al mese.

Questo è il calcolo fatto sulla base del mercato immobiliare da Caritas e dalla Fondazione Scalabrini, due enti impegnati a garantire a tutti il diritto alla casa, ultimi compresi. Dovendo tirare le fila delle attività portate avanti dai tanti soggetti che lavorano del mondo del volontariato il direttore della Caritas comasca, Rossano Breda, parte proprio dai bisogni abitativi.

La vocazione turistica

«L’affitto pesa per circa il 30% dello stipendio – spiega Breda – e i costi qui a Como con l’esplosione della vocazione turistica sono cresciuti in maniera esponenziale, questa città non riesce più ad accogliere le nuove famiglie. Così facendo solo i turisti stranieri benestanti possono permettersi di ammirare il lago, mentre i lavoratori riescono a trovare una sistemazione solo grazie alle aziende che dispongono di foresterie per lavapiatti e camerieri. L’esempio sul lago è Villa d’Este che ha comprato anche per questi scopi il Salesianum. Nessuno, sia chiaro, critica la ricchezza, questo però è un paradosso. Questo sistema economico non genera più opportunità, al contrario produce scarti». Le stesse parole pronunciate da Papa Francesco.

Non solo lavoratori stranieri, anche le famiglie italiane con un reddito medio sono in crisi: per insegnanti, infermieri, autisti, trovare casa non è facile. «Ma di professionisti, tecnici, operatori, abbiamo grande bisogno – dice ancora Breda – per contrastare la grave denatalità servono politiche serie demografiche e abitative, per attrarre dall’estero giovani lavoratori, anziché respingerli altrove. Altrimenti presto i conti non torneranno».

Dunque Caritas sta cercando di aprire più porte, insieme a tanti soggetti del mondo cattolico, lavorando con diverse parrocchie, per esempio quella di Monte Olimpino, oppure a realtà come casa Ozanam o Eskenosen, associazione che ha delle abitazioni di via Prudenziana.

La chiesa di Rebbio da sola oggi ospita circa 200 persone, gestisce decine di appartamenti in via diretta o in comodato d’uso, ristruttura nel quartiere palazzine con il supporto di bandi e concorsi. In via Giussani come in via Varesina, in via Ennodio come in via Cassiodoro.

Non solo stranieri

«Tanti italiani e stranieri sono esclusi dal mercato della casa – dice il parroco, don Giusto della Valle – gli enti pubblici hanno smesso di impegnarsi sul tema, il patrimonio esistente non viene gestito con cura. Noi cerchiamo di fare la nostra parte».

Secondo Sicet, il sindacato inquilini della Cisl dei Laghi, «il progressivo abbandono di politiche a favore di una sempre più ampia domanda da parte di famiglie in forte difficoltà economica e la crescente aggressività della rendita immobiliare speculativa hanno impresso alla crisi abitativa una deriva socialmente drammatica».

Sempre in città secondo OpenPolis sono 9mila le case vuote, il 18,8% del patrimonio immobiliare, certo molte di queste risultano non utilizzate quando in realtà sono sfruttate per gli affitti brevi e quindi sono entrate nel circuito turistico. Ma in provincia il dato delle case non abitate in modo continuativo arriva al 27,8%, ci sono paesi dei monti e del lago che si stanno spopolando. Solo le aree suburbane meglio collegate sembrano destinate a crescere, mentre i centri delle città per ragioni di prezzo diventano inaccessibili ai più. Come immaginabile se anche i professionisti e i dipendenti pubblici non riescono a far quadrare i conti in città per colpa del caro casa, a maggior ragione restano ai margini le fasce più deboli, i bisognosi, i neo arrivati.

La presidente delle Acli di Como Marina Consonno, che a Camerlata gestisce delle camere per lavoratori e famiglie a prezzi calmierati, non manca di fare notare come per gli stranieri a Como manchino soluzioni abitative. «Non bisogna pensare solo ai migranti – così dice – ma anche ai professionisti che vengono qui per lavorare, molto richiesti da aziende e industrie, che avrebbero tutti i requisiti per pagare un regolare canone. È un fatto legato anche al pregiudizio. Poi certo la maggioranza dei cittadini che dispone di una casa in centro cerca maggior fortuna ospitando i turisti stranieri. Questo sistema però rappresenta un serio problema per il futuro della città».

Secondo le principali agenzie immobiliari comasche in città con gli affitti non si lavora quasi più. I pochi canoni rimasti sono saliti verso i 1.500 euro al mese, interessano forse solo i frontalieri che hanno paghe migliori. Ma non si trovano più appartamenti da 700-800 euro al mese. Dopo la pandemia questa piccola fascia di mercato della casa ha visto aumenti pari a circa il 30%, con una forte diminuzione dell’offerta dovuta all’avanzata delle case vacanza.

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