
Cronaca / Como città
Lunedì 07 Aprile 2025
Architetto lavora gratis, sanzionato. La Cassazione annulla: scelta legittima
La sentenza Il professionista aveva accettato un incarico da 1 euro per il Comune di Catanzaro. Sospeso dall’ordine, i giudici della Suprema Corte lo riabilitano: «Puntava a vantaggi indiretti»
Como
Un architetto non può accettare incarichi professionali gratuiti se non in limitati casi. E un lavoro per una pubblica amministrazione non rientra tra quelli.
Così la pensava l’Ordine degli architetti di Como, che ha sanzionato un iscritto con una sospensione di 60 giorni per aver violazione delle regole deontologiche. Sanzione che si è ritorta contro lo stesso Ordine, visto che la Corte di Cassazione non solo ha annullato il provvedimento, ma ha pure bacchettato il consiglio di disciplina comasco sottolineando come non «possa essere assecondato l’auspicio che tutti i professionisti, con un intendo corporativo si astengano dall’assecondare le richieste della pubblica amministrazione a fronte di un corrispettivo non immediatamente apprezzabile sul piano finanziario».
La vicenda
La querelle giudiziaria vedeva di fronte l’Ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Como da un lato e l’architetto Sergio Dinale dall’altro. Quest’ultimo aveva accettato un incarico di fatto gratuito, per il compenso simbolico di 1 euro (oltre al rimborso delle spese con un tetto massimo di 250mila euro), conferito in seguito a una gara pubblica dal Comune di Catanzaro per la predisposizione di un nuovo strumento urbanistico.
Secondo il Consiglio di disciplina dell’Ordine «i casi eccezionali che legittimano la rinuncia dell’architetto al proprio compenso devono essere circoscritti a particolari ragioni affettive o a ragioni di valore edico sociale o di benevolenza o in occasione di calamità naturali». In tutti gli altri casi vi sarebbe violazione del codice deontologico.
L’architetto Dinale ha impugnato la sanzione davanti alla Cassazione e ha vinto. Secondo la Suprema corte «la ratio» della norma sui contratti di prestazione di servizi con la pubblica amministrazione «è la garanzia di un mercato concorrenziale» ma anche di «serietà dell’offerta» e di «affidabilità dell’offerente nell’esecuzione della prestazione». Ma «è stato anche precisato che la garanzia di serietà e affidabilità non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario (...) ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada a essere generata dal contratto» stesso. E quindi «l’effetto, indiretto, di potenziale promozione esterna del professionista, come conseguenza della comunicazione al pubblico dell’esecuzione della prestazione professionale, appare costituire, nella struttura e nella funzione concreta del contratto pubblico una controprestazione contrattuale anche se a risultato aleatorio».
Le motivazioni
L’architetto Dinale, nel suo ricorso, aveva sottolineato come «in realtà vi fosse un serio e concreto interesse a risultare aggiudicatario del disciplinare di gara, ancorché il compenso fosse meramente simbolico, occorrendo invece guardare al ritorno di immagine professionale che dall’esecuzione del contratto sarebbe derivato, e cioè ad una componente immateriale, suscettibile però in prospettiva di arrecare vantaggi anche di natura economica, arricchendo il curriculum e rendendolo maggiormente competitivo».
Questione accolta dai giudici romani: «Il vantaggio non deve essere necessariamente di carattere finanziario, ma può assumere una valenza economica, anche nel caso in cui il risultato positivo conseguito dal professionista comunque si risolva in un ritorno di carattere immateriale, ma pur sempre suscettibile di arrecare in prospettiva vantaggi ulteriori». E di conseguenza «risulta evidente che le ipotesi nelle quali è ammessa la gratuità della prestazione da parte del professionista non sono limitate alle sole situazioni indicate nella» sanzione dell’Ordine «ma si estendono anche a quelle ipotesi in cui la scelta del professionista sia ispirata all’obiettivo di conseguire un personale ed indiretto vantaggio, quale deve reputarsi essere quello di incrementare in futuro la capacità di rendere il proprio profilo professionale maggiormente competitivo in vista del conseguimento di futuri incarichi».
Insomma, la decisione del Consiglio di disciplina comasco «appare fondata su di una erronea limitazione delle ipotesi in cui è data la possibilità di rinuncia al compenso, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, e senza considerare come solo in apparenza l’attività si palesi come gratuita». Conclusione: sanzione annullata.
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