Asili nido in città, nuove regole: priorità a residenti e lavoratori. E i disoccupati restano (quasi) esclusi

In giunta Chi abita fuori Como ma lavora in città ha scarse chance di vedere la domanda accolta. L’assessore: «Giusto dare più possibilità a chi abita qui. Dopotutto non è la scuola dell’obbligo»

Nidi comunali, una corsia preferenziale per le famiglie residenti con i genitori al lavoro. La giunta comunale, nella seduta di ieri, ha modificato il regolamento per i servizi della prima infanzia, quindi i nove asili pubblici presenti in città.

La novità più rilevante riguarda la formazione delle graduatorie, i criteri per l’assegnazione dei punteggi alle domande d’iscrizione. Fermo restando la tutela di particolari difficoltà, disabilità e ulteriori fratelli già iscritti cambiano molto le valutazioni sulla residenza dei genitori e sulla loro situazione lavorativa.

Oggi un nucleo familiare residente in città che faccia domanda per iscrivere il figlio al nido riceve 10 punti, mentre restano a zero due genitori che abitano fuori dalle porte di Como. Domani, invece, alla luce delle modifiche introdotte dalla giunta, ai genitori residenti in città verranno attribuiti 60 punti mentre i forestieri ne collezioneranno sempre zero. Una distanza che quindi si allarga in maniera molto considerevole. Così viene data una netta precedenza ai cittadini del capoluogo, rispetto invece alle famiglie che abitano nella cintura urbana e che magari in città vengono per lavorare.

Lavoratori e disoccupati

Passando proprio al lavoro, la giunta ha deciso di dare una seconda corsia preferenziale ai genitori che lavorano. L’attuale regolamento attribuisce 10 punti ai genitori che hanno un’occupazione a tempo pieno e sei punti a chi ha un part-time. Il nuovo regolamento riconosce 25 punti ai genitori al lavoro a tempo pieno e 20 a chi lavora fino a 24 ore a settimana. Spariscono i quattro punti assegnati ai disoccupati iscritti al centro per l’impiego come il riferimento ai genitori casalinghi, che comunque restavano anche prima fermi a zero. Anche in questo caso quindi si allarga la forbice, i genitori lavoratori hanno già una priorità, ma la giunta ha deciso di sottolineare questo requisito.

Infine i genitori-studenti che hanno l’obbligo di frequenza passano da soli tre punti al massimo del riconoscimento possibile, quindi 25 punti. Queste novità devono comunque passare al vaglio del consiglio comunale.

Senza il nido di Albate, chiuso per tre anni da giugno per la costruzione di un nuovo polo dell’infanzia, con meno educatori non avendo programmato nuove assunzioni, i posti nei nidi pubblici a Como non aumenteranno. L’offerta subirà una contrazione, in un momento in cui comunque è in corso un forte calo demografico. Cosa diranno i disoccupati e i genitori che abitano nell’hinterland della città?

L’assessore: precedenza a chi abita in città

«Abbiamo voluto dare maggiore risalto alle famiglie residenti e lavoratrici – dice l’assessore alle Politiche educative Nicoletta Roperto – è una linea che esisteva già prima, ma che ora ha un accento maggiore. Ha più peso la condizione lavorativa, tenuto conto anche delle famiglie monoparentali nel caso ci sia solo la mamma o il papà. Chi risulta disoccupato o può restare a casa può comunque fare domanda come oggi, ma va incontro a questa nuova valutazione che abbiamo deciso di introdurre. Quanto alla residenza il servizio è erogato dal Comune di Como per i cittadini di Como. Ci è sembrato giusto e corretto che siano i residenti i destinatari. I nidi non sono la scuola dell’obbligo». Dove le porte dovrebbero sempre essere aperte per tutti.

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