Cronaca / Como città
Sabato 24 Febbraio 2024
Assoluzione paratie: «C’è un uso distorto
della giustizia penale»
Le reazioni Il giudice e il presidente dei Comuni lombardi. Battarino: «Troppe denunce contro gli amministratori». Guerra: «Lucini non sarà mai risarcito dei danni subiti»
La giustizia penale usata in modo «distorto» come senso di rivalsa o lotta politica. E così gli amministratori finiscono a processo per errori che nulla hanno a che fare con i reati. Il giorno dopo la sentenza con cui la Cassazione ha sancito che sulla vicenda paratie nessuno ha commesso alcun reato, due voci su tutte offrono una chiave di lettura di una vicenda che ha scosso la città. Un giudice, che è stato anche pubblico ministero e dirigente del Comune di Como oltre trent’anni fa prima di entrare in magistratura, e un sindaco, presidente lombardo dell’Associazione dei Comuni Italiani.
«La giustizia penale - commenta Giuseppe Battarino, magistrato che ha scritto tra l’altro il libro, di cui esce la seconda edizione, “Il tempo della giustizia” proprio su questi temi - è vittima di una sovraesposizione che deriva da alcune distorsioni. Una è quella del fascino dell’immediatezza, cioè il desiderio di vedere succedere qualcosa subito. Questa distorsione, unita al desiderio di vedere che qualcuno passa dei guai per qualcosa che non si ritiene giusto, è una regressione ai tempi dei giudizi in piazza. Da questo punto di vista, anche per l’esperienza personale, all’origine dei procedimenti a carico degli amministratori ci sono decine di migliaia di denunce di persone che hanno una voglia di rivalsa quasi incontenibile. Il secondo elemento di distorsione è un concetto malato di vittoria e sconfitta. Anche nei processi si tende a commentare le sentenze come vittorie e sconfitte, mentre sono il frutto di accertamenti e percorsi complessi».
Conseguenza diretta di questa distorsione è «un deperimento sul senso del dovere, sul senso dell’onore e se vogliamo anche il senso della vergogna» prosegue il giudice Battarino. In buona sostanza: si attendono le sentenze per giudicare l’operato degli amministratori, «quando le sentenze servono per capire dei meccanismi complessi».
Su questo tema interviene anche Mauro Guerra, sindaco di Tremezzina e presidente di Anci Lombardia: «Troppe volte degli amministratori vengono coinvolti penalmente per dei fatti che al più potrebbero essere oggetto di un procedimento amministrativo davanti al Tribunale. Durante un mandato si può sbagliare ed è altrettanto giusto valutare questi errori. Ma se questi errori non hanno un dolo, se non nascondono l’inseguimento di un interesse economico o di potere, se non sono spinti da motivi personali o da favori verso altri, allora non sono considerabili reati penali».
Su questo aspetto il ruolo del pubblico ministero, sottolinea ancora il giudice Battarino, «diventa delicatissimo». Anche perché è necessario «tener conto di due dati di fondo: la giustizia penale è solo un piccolo pezzo dei sistemi di regolazione sociale e il pm è solo chi fa il primo passo nella giustizia penale. proprio per questa delicatezza il pm deve assolutamente rimanere nella giurisdizione, non abbiamo bisogno di un pm all’americana che vince, ma di un pm all’italiana che valuta».
Ecco, sul fronte delle paratie qualcuno ha avuto la sensazione di un accelerazione eccessiva, da parte della pubblica accusa. Ammonisce il giudice Battarino: «L’esercizio della giustizia penale non deve mai cedere agli istinti della società, ma alla società dev’essere comprensibile». E Mauro Guerra, dal canto suo, sottolinea: «Il tema è complicato e delicato e nei rapporti tra magistratura e politica io non entro - dice dal canto suo Mauro Guerra - Certo dall’inizio dei processi sulle paratie i giudici hanno sottolineato che l’ex sindaco anche a fronte di una condanna aveva agito nell’interesse pubblico. Ecco io credo che questo inciso abbia un grande valore. L’agire nell’interesse pubblico non viene a sufficienza preso in considerazione».
Un passaggio, quest’ultimo, che sembra fare eco alle parole di Giuseppe Battarino, quando spiega che «un’altra dote che si richiede ai magistrati e che la loro formazione e il sistema di selezione non del tutto garantisce, è la profonda conoscenza della società. Per esperienza personale il fatto di aver lavorato per molti anni in un’azienda e nella pubblica amministrazione prima di fare il magistrato è stato un elemento indispensabile».
Resta il danno patito da chi, come l’ex sindaco di Como, è stato sottoposto a accuse pesantissime: «Sulla specifica vicenda dico che Mario Lucini ha pagato un prezzo pesante, un costo che purtroppo non verrà risarcito a lui e alla città. Dtto che poi il nocciolo vero della questione sono i tempi della giustizia. I processi non possono durare nove anni. Durassero meno faremmo dei ragionamenti con ogni probabilità molto diversi».
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