Attese troppo lunghe. Sei pazienti su dieci rinunciano alle cure

Sanità in crisi Tempi massimi non rispettati per il 44,5% degli esami. Incidono anche i costi e la scomodità delle strutture

Sei cittadini su dieci rinunciano alle cure per colpa delle liste d’attesa. La Cisl ha presentato i risultati di un’indagine che ha coinvolto oltre 11.500 iscritti lombardi, da cui emerge una difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari. «I dati raccolti evidenziano rinunce alle cure a causa di tempi di attesa troppo lunghi – spiega la Cisl - Difficoltà nell’accesso a visite specialistiche, esami diagnostici e ricoveri oltre a carenze nell’assistenza domiciliare. Oltre sei su dieci hanno rinunciato qualche volta o spesso nel corso dell’ultimo anno alle cure. Solo un intervistato su cinque con redditi oltre 50mila euro ha rinunciato alle cure, a fronte della rinuncia a curarsi di due su tre in famiglie con redditi inferiori a 15mila euro. I tempi d’attesa sono il principale motivo. Quasi un intervistato su due ha rinunciato alle cure per ragioni economiche e oltre quattro su dieci per la scomodità fisica o organizzativa delle strutture sanitarie». L’80% degli intervistati ha effettuato negli ultimi dodici mesi almeno una visita specialistica, di queste il 60% in strutture private, più della metà dei cittadini ha pagato di tasca propria. «Fra quanti hanno fatto prestazioni ambulatoriali a pagamento – si legge nel documento - otto su dieci si sono avvalsi di strutture private (o convenzionate), la restante parte ha usufruito di prestazioni in libera professione (a pagamento) nelle strutture pubbliche. Analogamente, tra chi ha effettuato almeno un esame nel 2023, uno su tre si è rivolto a strutture private convenzionate con il servizio sanitario e quasi uno su quattro ha svolto esami nel privato. Fra quanti hanno fatto prestazioni di diagnostica strumentale a pagamento più di otto su dieci sono ricorsi al privato».

Il ricorso al privato

I ricoveri hanno interessato poco più del 10% del campione, sette ricoveri su dieci sono stati fruiti in strutture pubbliche. I ricoveri nel privato convenzionato tramite servizio sanitario sono stati il 24,7%, il 4,5% sono stati i ricoveri a pagamento nel privato.

«Il tempo massimo d’attesa previsto dal codice di priorità indicato nell’impegnativa dal medico non è stato rispettato in quasi la metà delle visite specialistiche con priorità urgente. Per le priorità breve e differibile il mancato rispetto del tempo d’attesa è stato superiore nel 40% dei casi. I tempi massimi d’attesa nel 44,5% degli esami indicati come urgenti non sono stati rispettati. Per gli esami con priorità a dieci giorni e per quelli con priorità a sessanta l’erogazione è stata successiva, rispettivamente, nel 40,3% e nel 18% dei casi. Nei ricoveri programmati il 74,5% ha rispettato le classi di priorità, uno su quattro no. Il tempo d’attesa in Pronto soccorso tra la presa in carico del paziente e il ricovero in reparto è stato in media di otto ore, con picchi fino a 48 ore».

L’assistenza domiciliare

Ogni famiglia ha speso 951 euro nel 2023 per visite, esami e ricoveri, 1.184 per farmaci, dentisti e fisioterapia. Una cifra in costante aumento e per molti sempre meno sostenibile.

Venendo al campione dell’indagine, più della metà degli intervistati ha almeno una patologia cronica, il 25% due o più. Nello specifico tra i cronici uno su due ha rinunciato alle cure per ragioni economiche o logistiche, due su tre per l’attesa. Il 7,2% ha usufruito dell’assistenza domiciliare, nove su dieci come caregiver e secondo quanto riportato «pur essendo i giudizi nell’insieme piuttosto positivi, sono stati critici riguardo ai tempi di attesa».

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