«Attico estorto con metodo mafioso». Santino Cattaneo e un figlio a processo

L’udienza A giudizio anche per usura ai danni dell’ex amministratore del loro Punto Moda. Vittima il ragioniere comasco De Benedetto: casa ceduta per far fronte a un presunto debito

«Ho sempre avuto paura di Santino Cattaneo». Talmente tanta paura da arrivare a svendergli il proprio attico vista lago in zona stadio e, una volta fatto questo, pagargli 10mila euro al mese di affitto per continuare a viverci dentro.

Il giudice delle udienze preliminari di Milano ha rinviato a giudizio l’ex proprietario del Santino Punto Moda di Gerenzano, Santino Cattaneo, e il figlio Marco con l’accusa di usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso (entrambi sono invece stati prosciolti dall’accusa meno grave, quella di esercizio abusivo di attività finanziaria).

La decisione è arrivata ieri: padre e figlio dovranno comparire a processo il 15 ottobre prossimo per rispondere dei reati che sono accusati di aver commesso ai danni del ragioniere comasco Bruno De Benedetto, a suo tempo anche amministratore dello stesso Santino Punto Moda. Ed è proprio questo suo ruolo che lo avrebbe fatto finire nei guai quando, nel novembre 2010, il professionista comasco sarebbe stato costretto a firmare una dichiarazione di riconoscimento di un debito di 2 milioni e centomila euro a favore dei Cattaneo.

De Benedetto, dopo aver lasciato lo studio Pennestrì dove aveva lavorato a lungo, si era portato dietro alcuni clienti di quest’ultimo. Tra questi Santino Cattaneo che dopo alcuni anni di “collaborazione” con il ragioniere comasco gli ha contestato indebiti compensi che lo stesso si sarebbe liquidato quando era amministratore.

Le presunte minacce

Anziché rivolgersi alla magistratura per contestare l’asserito abuso da parte del collaboratore, i Cattaneo avrebbero convocato De Benedetto a Gerenzano dove Santino gli avrebbe detto le seguenti parole: «È meglio se firmi, se no ti può succedere qualcosa di grave». E ancora: «Farai una brutta fine» gli avrebbe detto evocando i rapporti con Biagio Crisafulli detto “dentino”, condannato in passato anche per omicidio oltre che per associazione a delinquere e traffico di droga in concorso con affiliati della ’ndrangheta, e Domenico Brescia, lui pure ritenuto vicino ai medesimi ambienti, già direttore del reparto uomo nel negozio di Cattaneo ai tempi in cui ancora il negozio si trovava a Rovello Porro.

L’accusa di usura

Per restituire quei soldi si è deciso di procedere alla cessione delle case in zona stadio di proprietà del ragioniere. Nel 2013 ha ceduto l’attico in cui vive per una cifra di 750mila euro al figlio di Santino. Ma di quei soldi a lui sarebbero arrivati solo 221mila euro. Il resto sarebbe stato trattenuto come un acconto per un maggior credito. A De Benedetto è stato concesso di restare a vivere nell’attico, con l’onere di ricomprarselo pagando tutti i 750mila euro entro il 31 luglio 2018. Cosa che non è riuscito a fare, e così dall’1 agosto di quell’anno ha dovuto cominciare a versare 10mila euro al mese di affitto. Secondo l’accusa quel denaro altro non è che interessi per il prestito, interessi (usurai) calcolati come vicini al 30%.

Per la difesa il credito vantato dai Cattaneo era in realtà del tutto legittimo, derivando dal riconoscimento di debito, redatto da un legale milanese. Inoltre tra lo stesso ex proprietario di Punto Moda e Crisafulli non vi furono mai rapporti personali.

Il caso ora approda in Tribunale.

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