Bassone, 450 detenuti per 270 posti: ogni mese tre tentativi di suicidio

L’emergenza Sovraffollamento, poco personale, aggressioni e tensione continua - Fabio Secci (Cisl): «Il decreto del governo non risolve i problemi, servono altre misure»

Quasi il doppio dei detenuti rispetto a quanto il carcere potrebbe contenere (450 persone su 270 posti a disposizione) aggressioni e momenti di tensione all’ordine del giorno e 22 tentati suicidi dall’inizio dell’anno sventati dal personale di polizia, mentre purtroppo per uno non c’è stato niente da fare.

Questo il preoccupante quadro della situazione del Bassone di Como descritto da Fabio Secci, assistente capo coordinatore di Polizia Penitenziaria e delegato Fns Cisl Penitenziaria. Un allarme esteso a tutta Italia e che non risparmia nemmeno la struttura comasca, nonostante il decreto carceri approvato ad agosto: il ministero della Giustizia lavora anche ad altre misure per risolvere le emergenze negli istituti penitenziari e tra queste c’è un provvedimento ad hoc per ridurre i suicidi in cella e l’ipotesi della concessione di misure alternative, come i domiciliari o l’affidamento in prova, per quei detenuti condannati che devono scontare pene residue entro un anno, per combattere il sovraffollamento delle strutture.

Ma basta questo per arginare l’emergenza? «Il decreto emanato non risolve le problematiche di sovraffollamento – ammette Secci -.Si pensava che il governo potesse emanare qualcosa di più pratico per permettere ai detenuti di accedere a misure molto più immediate, che potessero portarli a un passaggio intermedio e quindi alla libertà, per snellire l’iter. Questo decreto ha portato alla concessione di più telefonate, più giorni di liberazione anticipata, ma d’altra parte, considerando che a Como i detenuti sono per la maggioranza stranieri, questi non possono beneficiare di misure alternative alla libertà perché all’esterno non hanno riferimenti o appoggi, per la maggioranza sono soggetti che hanno un’espulsione alle spalle».

E aggiunge: «Sono problemi che non possono risolvere gli istituti, ma attraverso accordi internazionali con i Paesi di origine. Accordi che tardano ad arrivare e che si fa fatica a raggiungere. Le problematiche comunque restano, continuano, il sovraffollamento è il problema principale in tutti gli istituti italiani; le carceri sono vetuste e non al passo con i tempi. D’estate, con il caldo, la sofferenza aumenta: gli eventi critici crescono, sia i danneggiamenti agli arredi che alla struttura, aumentano le aggressioni sia ai danni del personale penitenziario che sanitario, anche loro sono sottodimensionati. Le aggressioni avvengono perché la maggior parte sono soggetti psichiatrici, di difficilissima gestione e che non trovando una sistemazione in strutture diverse, adeguate, scontano la loro pena nelle strutture convenzionali per lunghi periodi e non è facile gestirli, anche perché noi non abbiamo preparazione e competenze adeguate, a differenza delle strutture dedicate».

E conclude: «Sono aumentate le unità di agenti, ma non sono ancora sufficienti, pur con nuovi arruolamenti: in previsione ci sono programmi di arruolamento consistenti per il prossimo quinquennio. Il sovraffollamento è il comune denominatore di tutti gli istituti, crea insofferenza».

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