Bus, l’allarme delle scuole
«Cinquemila ragazzi resteranno a terra»

Il presidente del consorzio Tpl: «Anche se la Regione confermasse le regole attuali in città riusciremmo a far salire soltanto il 50% degli studenti»

«Anche se la Regione Lombardia confermasse la sua ordinanza, quella che consente di occupare sui bus tutti i posti a sedere e la metà di quelli in piedi, la metà degli studenti in città resterebbe a terra».

Per Antonio Colzani, presidente di Tpl, il consorzio dei trasporti pubblici di Como, Lecco e Varese, le prospettive per la ripresa delle scuole sono a dir poco preoccupanti: nella migliore delle ipotesi - cioè se la Lombardia continuasse a smarcarsi dall’indicazione del governo di rispettare anche sui mezzi pubblici la distanza di un metro - resterebbe senza servizio la metà dei 10mila studenti della città (su circa 15 mila di tutta la provincia) che ogni giorno viaggiano sui bus.

Peraltro le prospettive sono del tutto nebulose: l’ordinanza regionale scade il 10 settembre, quattro giorni prima dell’inizio della scuola, ma ancora nessuno non solo ha dato indicazioni a scuole, famiglie e, naturalmente, aziende di trasporto, ma ha neppure convocato un tavolo Stato-Regioni.

«Ci dicano qualcosa, e il prima possibile - quasi si spazientisce Colzani - Non solo per permettere alle scuole di organizzarsi, ma anche perché a nostra volta non riusciremo mai a trovare soluzioni alternative in tempo, qualora ci venisse richiesto di farlo».

Con l’attuale dotazione di mezzi e personale, e quindi di fondi, il Tpl ha già detto chiaro e tondo che il servizio non si può incrementare, «a meno di tagliare da altre parti, cosa che francamente non mi sembra proponibile».

Un raddoppio dell’offerta scolastica richiederebbe una modifica del contratto e la messa a disposizione di molte più risorse. «Servirebbero 6/7 milioni in più all’anno - prosegue il presidente di Tpl - una cifra decisamente importante se si considera che noi rappresentiamo solo il 10% del servizio in Lombardia. Quella somma moltiplicata per tutto il territorio nazionale assumerebbe proporzioni proibitive».

Attualmente il Tpl riceve 68 milioni all’anno di finanziamento per coprire 30milioni di bus/km: 62 vengono versati dalla Regione (che per l’80% li riceve da Roma) e il resto viene versato dai Comuni e dalle Amministrazioni provinciali che fanno parte del consorzio.

«Noi l’allarme l’abbiamo lanciato ad aprile, a tutti i soggetti coinvolti, Prefetture comprese - dice ancora Angelo Colzani - Abbiamo fatto 18 tavoli tecnici territoriali, qualche scuola ha già preso provvedimenti, ma tante altre aspettano di capire cosa succederà. La situazione è confusa, è in corso un confronto acceso, ma questa interlocuzione, oltre a occuparsi di banchi e spazi, deve assolutamente considerare la variabile del trasporto».

Qualora prendesse il sopravvento la linea del governo, con il ripristino del metro di distanza, fra l’altro, resterebbero a piedi metà degli studenti anche in provincia. Inoltre gli effetti sulla città sarebbero disastrosi, le scuole sarebbero costrette a un ricorso massivo alla didattica a distanza: distanziamento in classe a parte, è facile immaginare in quale caos precipiterebbe il traffico se tutti i ragazzi dovessero essere accompagnati a scuola in auto.

Peraltro è lecito chiedersi, qualora invece venisse confermata l’ordinanza della Regione, a chi competerebbe, nel marasma del trasporto scolastico e dell’afflusso e deflusso di ragazzi a ogni fermata, la verifica della densità dei passeggeri a bordo: difficile immaginare il conducente che tiene il conto di quanti salgono e quanti scendono per attenersi alla normativa regionale.

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