Calo demografico. Non tutti i Comuni chiudono le scuole

Il confronto A Como saranno sempre meno gli studenti. La stessa situazione a Monza,Varese, Brescia e Lecco. Scelte politiche diverse: «Tutela della genitorialità»

Le nascite calano ovunque nei capoluoghi lombardi, con la felice eccezione di Bergamo, ma le risposte che le amministrazioni comunali offrono al problema variano da territorio a territorio. Come noto, a Como la grave situazione che è stata delineata da provveditorato e giunta tramite le proiezioni demografiche hanno spinto l’amministrazione a optare per chiusure e accorpamenti dei plessi scolastici (otto in totale tra il 2025 e il 2026) laddove non sia ritenuto vantaggioso o possibile intervenire con ristrutturazioni degli immobili.

Proiezioni e pianificazioni

«Ogni Comune presenta delle specificità territoriali importanti - racconta Paolo Pilotto, sindaco di Monza con delega all’Istruzione - Qui a Monza si è iniziato a parlare di pianificazione scolastica già vent’anni fa, quando ero assessore, e si è provato ad azzerare le liste d’attesa sulle scuole materne». Oggi, a Monza, le scuole ammontano a più di 90, esclusi i nidi. «Sui nidi la riflessione deve prescindere il dato demografico, perché bisogna offrire assistenza alle famiglie» commenta il sindaco. A fronte di una popolazione scolastica in calo già dal 2018, le scelte fatte dall’amministrazione comunale sono state diverse a seconda del grado di istruzione considerato. A partire dai nidi comunali, dove sono stati creati 115 i posti in più creati, con l’introduzione di una misura basata sull’Isee che supporta le famiglie che trovano posto solo nelle strutture private. «Per quanto mi riguarda, non considero chiusure su nidi e materne - continua il sindaco - sono fasce d’età delicate, in cui alle famiglie bisogna offrire servizi sempre: sono soldi ben investiti quelli sulla scuola».

Simile il ragionamento portato avanti anche da Rossella Dimaggio, assessore ai Servizi educativi del Comune di Varese, e da Anna Frattini, assessore bresciano delegato alle politiche educative. «Abbiamo scelto di fare delle scuole un luogo qualificante non solo per gli studenti, ma anche per il sostegno alla genitorialità, promuovendo la gratuità degli asili nido in città, riqualificando gli immobili e creando dei poli educativi nuovi in quartieri di grande popolarità» spiega Dimaggio. «Questo ha significato incontrare insegnanti, studenti e famiglie per chiedere loro che tipo di scuola sognano e lavorare insieme per creare un patto educativo territoriale. La sfida, anche economica, c’è, ma per il momento la scelta è quella di non prevedere chiusure». Varese condivide con Como una proiezione demografica preoccupante: i due capoluoghi , stando alle proiezioni Istat, si troveranno tra vent’anni a fare i conti con una quantità di cittadini inferiore di quasi tremila unità nel caso comasco e identica a oggi nel caso di Varese.

Sperimentazioni didattiche

Il confronto con il territorio è al centro anche del caso bresciano. «C’era l’idea di chiudere una scuola, sulla base dello studio dell’andamento demografico, ma dopo tre assemblee pubbliche la politica ha avuto la meglio sui dati e l’abbiamo tenuta aperta» spiega l’assessore Frattini. «L’interlocuzione è molto complessa, ma fondamentale. Non sempre le scelte degli amministratori vengono capite e non sempre sono facili da comprendere perché abbiamo molte imposizioni anche dall’alto, i vincoli sono tanti. I dati comunque ci hanno portato a ridisegnare la distribuzione degli istituti comprensivi in città, ma sempre tenendo conto del contesto».

Il calo demografico non risparmia nemmeno Lecco. In cinque anni le scuole cittadine sono destinate a perdere 848 alunni, 43 classi in totale. «La nostra scelta è di non optare per le chiusure però: le scuole sono presidi sociali - spiega l’assessore Emanuele Torri - Piuttosto puntiamo su un’offerta formativa basata su sperimentazioni che stanno attraendo studenti da altri comuni».

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