Canossiane, cellulari degli studenti chiusi nel cassetto a inizio lezione: «Troppo spesso i ragazzi li usano in aula»

Scuola Gli alunni devono lasciare gli smartphone appena entrati in classe alla prima ora. I presidi degli altri istituti scettici: «Controlli severi, ma un provvedimento così è eccessivo»

Niente cellulare in classe, alle Canossiane gli studenti devono tenerlo chiuso in un cassetto. Fa discutere mezza Italia il caso del liceo di Bologna Malpighi, dove il preside nero su bianco ha chiesto a tutti gli alunni e anche ai docenti di spegnere lo smartphone e consegnarlo prima di entrare in classe. A Como un simile provvedimento è stato approvato a inizio settembre nel primo collegio docenti dell’istituto Matilde di Canossa. «Ne abbiamo discusso a lungo e poi abbiamo deciso insieme – racconta la preside Cristina Caprani – la proposta è stata sostenuta soprattutto dai giovani insegnanti. Troppo spesso si vedono comparire sotto ai banchi gli smartphone. Le lezioni sono a volte disturbare da notifiche e vibrazioni. Dunque alla prima campanella chiudiamo tutti i telefoni a chiave nel cassetto della cattedra. L’ottica di questa misura non è punitiva, ma al contrario educativa. È soprattutto una questione di attenzione. Anche i percorsi di formazione professionale interni alle Canossiane hanno preso lo stesso provvedimento».

Il cellulare è però una proprietà dello studente. Tanto più se, in teoria, è riposto nello zaino. I ragazzi più grandi, spalleggiati magari dai genitori, potrebbero dunque avere da ridire. «Infatti ci aspettavamo rivoluzioni e proteste – spiega Simona Saladini, vice direttore dell’istituto – e invece con nostro stupore in questi primi giorni non ci sono stati problemi. Gli alunni possono riprendere i cellulari all’intervallo, per svago. Anche ai docenti è chiesto di non maneggiare mai lo smartphone in classe». In passato alcune scuole avevano discusso la messa al bando dei cellulari. Poi però l’uso sempre più frequente dei dispositivi digitali in aula e l’arrivo del Covid, con la didattica a distanza, ha lasciato cadere tutti i propositi. «Molti giovani, ma anche grandi, utilizzano i cellulari in maniera compulsiva – dice ancora Caprani – dobbiamo imparare a tenere a freno una possibile reale dipendenza. Adesso, superata speriamo la pandemia, c’è bisogno di tornare alla normalità».

«Io non amo le misure restrittive – commenta Gaetana Filosa, dirigente scolastica alla Da Vinci Ripamonti – penso occorra cercare di insegnare agli alunni a non usare in classe il telefonino. Meglio lasciarlo nello zaino. Il problema poi è reale, esiste e non è di facile soluzione».

«Sono certo banditi con controlli severi durante le verifiche – ragiona Nicola D’Antonio, preside del Giovio – con molta attenzione ai filmati e ai video, in città si sono verificati episodi spiacevoli. Però lasciarli nel cassetto no. Intanto perché gli smartphone si usano a volte anche per l’attività didattica. E poi perché c’è un fatto di possesso che implicherebbe di fatto un sequestro, una materia dunque delicata».

«Bisognerebbe poi essere sicuri di come vengono conservati in un cassetto – dice Vincenzo Iaia, dirigente del Teresa Ciceri – per evitare danneggiamenti, furti, serve una forte assunzione di responsabilità. Non credo sia una strada facilmente percorribile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA