Cantoni alla messa in Duomo per il Papa: «Ci sentiamo tutti un po’ orfani»

La messa Il vescovo reduce da Roma ha presieduto ieri in cattedrale la celebrazione in suffragio di Papa Francesco: «Il suo grido profetico a vantaggio della pace e della fraternità rimarranno impressi nel cuore del popolo cristiano»

«Ci sentiamo tutti un po’ orfani, privi di una guida sicura, come pecore senza pastore, essendo stato papa Francesco una persona illuminata e profetica, che nel nome di Dio ha scosso le coscienze di tanta gente».

Dopo una settimana intensa, tra riti e congregazioni, ieri il cardinale Oscar Cantoni è tornato a Como per celebrare in Duomo la messa in suffragio di papa Francesco. Una visita breve, a cui i fedeli sono arrivati in massa. Oggi Cantoni è già tornato a Roma, dove trascorrerà il novendiale e il conclave come cardinale elettore.

Di questi ultimi giorni vissuti in Vaticano, il vescovo Oscar ricorda «la fiumana di persone, con una lunghissima coda, protrattasi durante le notti scorse e al chiaror del mattino, salite alla basilica di San Pietro, dopo ore di attesa, per poter vedere il Papa per l’ultima volta, deposto in una bara comune, tra commozione e lacrime. Penso alle numerose persone, tra cui molti responsabili delle Nazioni». Ma il pensiero del vescovo Oscar va anche alla presenza dei fedeli comaschi, arrivati in cattedrale «per ricordare insieme la figura e l’insegnamento del nostro amato Pontefice e per pregare insieme per lui».

Dietro a questa grossa mobilitazione, che ha inondato le vie di Roma e riempito le navate delle basiliche, si nasconde una consapevolezza: «Il mondo è oggi in affanno e sente il bisogno di un padre che guidi le persone con tenerezza e insieme con autorevolezza» ha detto il vescovo Oscar durante l’omelia. «Papa Francesco in questi anni è stato il leader indiscusso più incisivo al mondo e il più autorevole, anche se si è sempre presentato con modestia, qualificandosi semplicemente come un “peccatore perdonato”. Tuttavia, ha guidato instancabilmente la Chiesa con coraggio e forza in anni segnati da molteplici crisi in tutto il mondo».

Il suo appello

Oggi, nelle parole di Cantoni, l’unica amara consapevolezza è che «il suo grido accorato, soprattutto l’appello per la pace e per la fratellanza tra i popoli, non è stato preso in considerazione». Nel corso della celebrazione di ieri mattina, il vescovo Oscar è stato affiancato da un gruppo di sacerdoti, tra cui monsignor Ivan Salvadori: «Il pontificato di papa Francesco è stato segnato dall’annuncio della misericordia di Dio, che ha dato forma al suo magistero e a molteplici gesti che sono ormai impressi nella memoria di tutti, come l’abbraccio che ha voluto donare alla chiesa e al mondo nel giorno della Pasqua».

Il contatto umano

A una settimana esatta da quel gesto d’amore, il vescovo Oscar ha posto l’accento su una circostanza particolare, che non può sfuggire ai comaschi: «Il disegno divino ha concesso a Papa Francesco che potesse morire, ossia iniziare la nuova vita, nel primo giorno della settimana della Misericordia», una settimana istituita proprio dal cardinale Cantoni e iniziata lunedì scorso nel santuario della Santissima Trinità Misericordia a Maccio.

«Papa Francesco si è congedato dal suo popolo, dalla folla che amava incontrare e benedire, avendo fatto del contatto umano diretto la cifra del suo pontificato, senza tuttavia nascondere la propria fragilità», ha poi aggiunto Cantoni. Se il messaggio del pontefice è riuscito a permeare i cuori della gente di ogni condizione sociale e fede, è perché «umile e compassionevole, ha presentato il cuore di Dio agli uomini» e «condotto gli uomini a sperimentare più facilmente la vicinanza di Dio dentro il vuoto spirituale che caratterizza la nostra epoca». E, secondo il vescovo Oscar, lo ha fatto in un modo semplicissimo: dedicando la sua attenzione «agli ultimi, ai poveri, ai migranti».

«Il suo grido profetico a vantaggio della pace e della fraternità rimarranno impressi nel cuore del popolo cristiano e di tutti gli uomini di buona volontà» ha concluso il cardinale. Tra le navate del Duomo, la gratitudine di aver rivisto il suo volto famigliare è sfociata in un grosso applauso, che suona come un “bentornato” e si è conquistato uno spazio nella valigia del ritorno a Roma.

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