«A Como (e non solo) case troppo care per i lavoratori: abbiamo un piano»

L’intervista Gianluca Brenna, presidente di Confindustria Como: «Problema contingente, servono risposte. La residenzialità può rendere il territorio più o meno attrattivo»

Il numero dei lavoratori diminuisce sempre più rapidamente, il prezzo delle case sale a una velocità altrettanto vertiginosa e riduce ulteriormente l’affluenza di lavoratori nelle città: la risposta di Confindustria a questo circolo vizioso è un piano per la casa rivolto proprio a loro.

Lo ha annunciato il presidente nazionale Emanuele Orsini e lo riprende declinandolo sulle esigenze del territorio il presidente di Confindustria Como Gianluca Brenna.

«È un problema contingente, dell’oggi - nota Brenna - e serve una risposta oggi». Non un’intenzione, ma un progetto che Confindustria articola in sei punti: dalla ristrutturazione di edifici fuori norma alla costruzione di nuovi immobili per giovani e famiglie, dalla ricerca di nuovi investitori a una fiscalità facilitata. Un piano che va al cuore di tanti dei problemi di cui oggi si parla nelle città italiane medio-grandi, riportando al centro i bisogni essenziali dei cittadini. I più giovani che si spostano per trovare lavoro in città industrializzate ma dove il tessuto urbano è reso più caro dalla competizione del turismo alle nuove famiglie che faticano a stare al passo col caro vita. Tutto si tiene e nella difficoltà a trovare una casa trova un nodo centrale per il rilancio del Paese.

Presidente, perché il problema delle abitazioni e del loro costo è di estrema attualità a Como e in altre città?

È qualcosa che abbiamo provato a sottolineare anche molto recentemente, all’assemblea a Lariofiere. C’è un mismatch crescente tra richiesta del mercato e presenza di profili tecnici che le aziende cercano. I dati sono preoccupanti a livello nazionale (si parla di 5,4 milioni di lavoratori in meno nel 2040 rispetto a oggi) ma anche quelli locali non promettono bene, considerando anche l’inverno demografico in cui siamo entrati. Anzi, il presidente di Confindustria Brescia parla di “glaciazione demografica” perché a Brescia ci saranno 100mila lavoratori in meno nel 2040.

Questo in che modo ha a che fare con la casa?

La casa c’entra perché il tema della residenzialità è un elemento capace di rendere il territorio più o meno attrattivo. Como sicuramente ha questo problema, oltre a essere geograficamente vicina a un territorio che riesce a essere molto attrattivo, come la Svizzera. Quindi non solo il tessuto imprenditoriale è danneggiato dal fatto che nascono sempre meno persone, futuri lavoratori, ma anche dal fatto che molti lavoratori che ci sono poi diventano frontalieri.

Verso chi si può esercitare questa attrattività lavorando sul tema della casa?

Verso le regioni del Sud Italia, dove c’è più disoccupazione, incentivando lo spostamento da quei territori ai nostri, ma anche verso i migranti. Serve lavorare sull’housing sociale perché al lavoratore bisogna garantire un costo della casa compatibile con le condizioni lavorative cui va incontro, specialmente se parliamo di giovani al primo ingresso nel mondo del lavoro. Confindustria pensa che questo possa essere un incentivo soprattutto in aree, come la nostra, a forte vocazione turistica e in cui sempre più il mercato delle abitazioni si sposta verso l’affitto breve. Questo però non è un problema solo di Como, ma di tutto il Paese. Di qui il Piano nazionale.

Un piano dettagliato, che è più di un’enunciazione di intenti, è così?

Sì, non è un’enunciazione perché il problema è contingente, è oggi e oggi serve intervenire. Il piano nasce da esperienze territoriali, come quella di Parma, che ha sperimentato una forte alleanza tra pubblico e privato per risolvere il problema del caro affitti.

Cosa serve quindi per attuare questo piano?

Serve il pubblico, che sappia individuare delle aree urbane dove intervenire con l’edilizia per i lavoratori, serve però anche il privato, per raccogliere capitale, e soprattutto serve una visione di lungo periodo perché si costruirà e si ristrutturerà ma nell’ottica che il rientro degli investimenti avvenga su un periodo di tempo più lungo del solito.

Il piano di Confindustria parla sia di edilizia ex novo che di interventi su immobili già esistenti, cosa si può ipotizzare per Como?

Come prima cosa si dovrà guardare a quello che già c’è in casa e che può essere riqualificato, certamente. Ci sono tutti gli elementi per individuare edifici fatiscenti e investire su questo tipo di immobili.

Non solo edilizia, si parla anche di fiscalità.

Sì perché se il tema è rendere più attrattivo il territorio urbano per giovani lavoratori e famiglie si dovrà intervenire anche con agevolazioni fiscali, dirette e indirette.

Sembra che si renderà necessaria anche una forte alleanza tra pubblico e privato, a livello nazionale come territoriale, è così?

Confindustria spera di individuare percorsi semplificati e più rapidi delle normali procedure, perché come detto c’è un problema contingente, un’urgenza. Perché sia possibile intervenire in tempi rapidi serve volontà da parte del legislatore e dell’esecutivo.

C’è qualche settore che sta soffrendo più di altri sul nostro territorio?

La generazione dei “boomer” sta andando in pensione e i numeri delle nuove generazioni sono troppo ridotti per sostituirla. Il problema del mismatch dunque è su tutta la linea, dagli operatori delle macchine ai responsabili tecnici.

Vede delle difficoltà o degli ostacoli alla realizzazione di questo piano a livello locale?

Credo che nel momento in cui ce la priorità allora sarà necessario collaborare per raggiungere questo obiettivo. Il presidente Orsini ha una forte volontà in questo senso e l’ha espressa anche quando è venuto da noi. Se ci sarà collaborazione non vedo difficoltà che potrebbero sorgere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA