Case vacanza, l’Anci: «Serve una legge. Ma che non leghi le mani ai sindaci»

Turismo Il presidente Guerra : «Bisogna regolamentare, tenendo conto delle specificità locali». «Non estremizziamo, ci sono aree del Comasco che morirebbero senza questo mercato»

«In Anci sappiamo che serve un intervento normativo nazionale sulle locazioni brevi» dichiara Mauro Guerra, presidente lombardo di Anci e sindaco di Tremezzina. L’intervento di Airbnb (con un rapporto sugli affitti brevi in Italia e il loro impatto sul patrimonio immobiliare nazionale) nella recente assemblea annuale di Anci, costituisce una novità anche e soprattutto per gli esiti cui l’assemblea è arrivata. Esiti fondamentali per il Comasco, territorio sempre più toccato dal turismo da qualche anno a questa parte.

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Il rapporto di Airbnb

A giustificare la necessità di questo intervento, in riferimento ai centri storici delle città d’arte, è Airbnb stessa che nel rapporto, realizzato dalla società Nomisma, rileva come «se consideriamo la quota degli affitti brevi è ragionevole ipotizzare che lo stock di abitazioni destinate agli affitti brevi non abbia eroso l’offerta abitativa a livello nazionale, se non in modo residuale, con eccezione dei centri storici delle città d’arte dove la presenza di affitti brevi risulta più concentrata». E sempre nel rapporto si legge che «queste zone (i centri storici delle città d’arte, ndr), caratterizzate da un’alta attrattiva turistica, richiedono politiche bilanciate che tengano conto delle esigenze abitative dei residenti e, al contempo, dei bisogni di ulteriore sviluppo di un turismo sostenibile». Si tratta di una visione, ottenuta con alcuni studi nelle tre principali città turistiche , ovvero Venezia, Roma e Firenze, che collima con quanto proposto da Anci. «L’intervento normativo del legislatore, necessario, dovrà però permettere ai Comuni di applicare un set di misure a seconda delle proprie esigenze» spiega infatti Guerra.

La proposta di Anci

Si pensa a misure fiscali per favorire gli affitti a lungo termine, ma anche norme riservate agli affittuari (anche perché dal rapporto commissionato da Airbnb emerge come «il 45% degli host intervistati preferisce gli affitti brevi alla locazione tradizionale per la maggiore flessibilità e per evitare rischi di arretrati nei pagamenti ed esperienze negative con gli affittuari»). E poi ancora si ipotizzano misure che pongano agli host di case vacanza limitazioni temporali, come già è accaduto in alcune città europee, per esempio a Parigi, o l’impiego delle risorse derivate da questo tipo di gestione del turismo per interventi a favore delle popolazioni locali. «Ogni territorio ha le proprie specificità e nei primi tempi gli affitti turistici hanno anche contribuito a riqualificare immobili altrimenti abbandonati. Le case vacanza non vanno demonizzate - rimarca Guerra, - Ora però il fenomeno è esploso e sta avendo un impatto significativo sulle località. Alcune non potrebbero più sopravvivere senza questo tipo di mercato del turismo, altre stanno subendo in maniera molto negativa l’impatto sul mercato immobiliare degli affitti tradizionali e sui servizi ai cittadini, lo vediamo a Como come anche in Centro Lago».

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Di qui quindi il dialogo aperto da Anci con Airbnb per confrontarsi sulle soluzioni da ipotizzare, ma anche la necessità di un intervento a livello esecutivo e parlamentare. «Governo e Parlamento devono prendersi la responsabilità di assumere misure nazionali cui i Comuni possano fare riferimento, ma che possano anche poi adattare alle proprie esigenze» ribadisce Guerra. E se è vero che un piccolissimo passo in questa direzione è stato fatto con la circolare della scorsa settimana che ribadiva la necessità di verificare l’identità degli ospiti in presenza e non tramite check in a distanza (ovvero con l’utilizzo delle ormai celebri key-box, lucchetti porta chiavi), quanto fatto ancora non basta. «Anci ha ribadito che il settore deve essere regolamentato. - conclude Guerra - Ora si sta lavorando in questa direzione per trovare un equilibrio».

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