Il caso Bove: «Gli atleti? Sono super controllati ma certe cardiopatie possono sfuggire»

Il caso La conferma di cardiologi e soccorritori dopo il malore del calciatore della Fiorentina. «In Italia la legislazione sui controlli è avanzatissima. Fondamentali gli strumenti salvavita»

Caso Bove, secondo gli esperti resta una piccola percentuale di eventi cardiaci non diagnosticabile.

Il malore improvviso durante la partita contro l’Inter del giocatore della Fiorentina squadra che ancora piange Davide Astori, il capitano venuto a mancare in campo per le conseguenze di una fibrillazione ventricolare) ha scosso mezza Italia. Non è raro che anche calciatori e campioni dello sport, prestanti e iper controllari, siano colpiti da eventi acuti mai individuati da test ed esami. In attesa di sicuri accertamenti per Edoardo Bove si è parlato di “torsione di punta”, una forma particolare di tachicardia ventricolare, ma anche di improvviso calo di potassio.

«Sarebbe strano, ma è pur vero che la mancanza di potassio può provocare aritmia - spiega Rinaldo Belluschi, cardiologo comasco consulente del Milan –. Diciamo che le possibili cause possono essere tante e diverse. Restando a Firenze la morte di Astori era dovuta per esempio ad una cardiopatia congenita diagnosticata purtroppo tardi. Detto che i giocatori di calcio, posso assicurarlo, sono molto controllati. L’idoneità agonistica prevede per tutti una serie di esami obbligatori. Elettrocardiogramma, visita specialistica, spirometria, esame delle urine. In più i professionisti devono assolvere ad approfondimenti aggiuntivi, compresi controlli al cuore sotto sforzo e non».

Possibile che questi esami non mettano a fuoco possibili problemi? «La grande maggioranza delle cardiopatie che possono portare alla morte improvvisa può essere diagnosticata. Alcune tramite gli esami più tradizionali, altre con successivi controlli come la risonanza magnetica, oppure una Tac coronarica. Restano però alcuni quadri pur rari non evidenziabili. Anche sfruttando i test genetici, che in maniera predittiva possono diagnosticare sindromi magari familiari, non copriamo il 100% dei casi».

Se i grandi campioni sono controllati e giocano su campi sempre presidiati, con strumenti di tipo sanitario e personale specializzato pronto a intervenire, nei campetti dove i più giovani si sfidano a pallone, dall’oratorio al centro sportivo, i soccorsi sono meno immediati.

«Sì, però è ormai auspicabile che tutti i centri anche amatoriali siano dotati degli strumenti salvavita, del defibrillatore – commenta Mario Landriscina, ex sindaco per anni a capo del servizio 118 di Como e dell’emergenza urgenza del Sant’Anna –. È una battaglia che per anni abbiamo portato avanti e che ha prodotto buoni risultati, anche grazie a realtà come Comocuore. In caso di eventi improvvisi comunque occorre sempre e subito chiamare i soccorsi. La formazione all’uso dei defibrillatori è molto diffusa, ma gli operatori del 118 sono preparati per guidare a voce le persone che possono stare accanto a chi si è sentito male. Occorre affidarsi alla loro esperienza. Il defibrillatore fa una autodiagnosi, se non serve “scaricare” non scarica. Quando invece il problema è di tipo meccanico allora per far battere il cuore diventa prezioso il massaggio cardiaco».

«Oggi è difficile che un atleta di grande livello sfugga a controlli approfonditi - spiega Giovanni Ferrari, cardiologo e presidente Comocuore -. In Italia c’è una legislazione avanzata sul rischio per gli atleti. Occorre assolvere a precisi obblighi, compresi esami che svelano molte cardiopatie poco note. In campo i giocatori sono molto salvaguardati, la macchina dei soccorsi è attrezzata, anche grazie alla sensibilizzazione sorta dopo tragici precedenti. Certo c’è la possibilità che dei rari casi sfuggano alle diagnosi e ai controlli».

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