Como: adescano ragazzina via Facebook
E (quasi) scampano il processo

La vittima, comasca, aveva 12 anni: fu indotta a inviare immagini attraverso i social - La Procura voleva archiviare, diceva che era tutto prescritto. E invece no: sbagliava di un giorno

Como

Se n’era scritto lo scorso autunno, quando davvero sembrava che avrebbero tutti evitato il processo: quattro uomini, adulti, uno di loro ultrasessantenne, erano accusati di avere adescato via Facebook una ragazzina comasca che all’epoca - il 2013 - aveva soltanto 12 anni, inducendola a intrattenere con loro conversazioni via whatsapp e insieme a inviare autoscatti in pose inequivocabili.

La Procura distrettuale di Milano (competente per questo genere di reati sessuali con soggetti minori di 16 anni) a novembre aveva chiesto l’archiviazione dell’intero fascicolo ritenendo, a torto, che fossero trascorsi i sei anni in cui, codice alla mano, si prescrive la violenza.

Se almeno tre dei quattro imputati - per un quarto la prescrizione sembra essere in effetti intervenute -, se tre di loro saranno invece processati il merito sarà del giudice per le indagini preliminari milanese Giuseppina Barbara che, accogliendo un’istanza di opposizione all’archiviazione dell’avvocato Simone Gatto (il legale della famiglia della vittima), ha disposto l’imputazione coatta per i reati di adescamento e atti sessuali con minorenne nei confronti di tre soggetti, tutti trentenni, di Montevarchi, Caltanissetta e Paternò.

La prescrizione ha reso invece improcedibile la posizione del quarto indagato, un uomo di Grossetto, 62 anni all’epoca dei fatti, che con la ragazzina intrattenne alcune conversazioni, del solito genere, nel corso dell’estate del 2013. L’ultima di cui sia rimasta traccia nelle carte della Procura risale per la precisione al 2 settembre, quindi saldamente oltre i paletti dei sei anni dai quali scatta l’estinzione del reato.

Rifacendo i suoi calcoli, il gip del tribunale di Milano aveva fissato la prima udienza preliminare lo scorso 7 novembre, e così facendo aveva introdotto un atto cosiddetto “interruttivo”, che sposta l’asticella della prescrizione, per la violenza sessuale, da sei a sette anni e mezzo.

A novembre la posizione del sessantenne di Grosseto era già “persa”, essendo i sei anni trascorsi già allora, non quelle degli altri tre, che davvero erano arrivati a tanto così dall’impresa di evitare il processo.

Le ultime conversazioni registrate agli atti risalivano infatti al 9 novembre di sei anni prima per uno degli imputati, al 10 e all’11 per il secondo e addirittura al 7 novembre - lo stesso giorno dell’udienza - per il terzo soggetto coinvolto.

Non solo: lo stesso giudice ha anche incaricato la procura di riprendere in mano le indagini per identificare compiutamente altri tre personaggi, tutti adulti, le cui identità compaiono in diverse conversazioni, sia via Whatsapp sia via Facebook, sempre sugli sessi temi di sesso virtuale ma non troppo.

Nel caso in cui fossero riconosciuti colpevoli gli imputati rischierebbero pene fino a 12 anni di detenzione.

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