Como: Coronavirus
Arrestata e isolata in carcere
«Sono stata nella zona rossa»

Presa assieme a un uomo con un chilo di cocaina, è in quarantena. Si trova al Bassone. L’Ats ha avviato i protocolli previsti per i casi sospetti

Cocaina e Coronavirus. Il singolare binomio ha fatto entrare la psicosi da Covid-19 anche all’interno del Carcere del Bassone. Dove, nel fine settimana, è stata portata una donna arrestata con l’accusa di detenzione di droga e che ha riferito di essere stata, nei giorni scorsi, nella cosiddetta “zona rossa” del Lodigiano.

In isolamento

La vicenda è emersa nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto di due persone, un uomo e una donna, fermate nel fine settimana sulla statale 36, nel tratto tra Bosisio Parini e Suello, con un chilogrammo di cocaina da smerciare. I due, entrambi milanesi residenti a Bollate, classe 1952 lui, 1948 lei, sono stati portati l’uomo nel carcere di Pescarenico e la donna al Bassone di Como (a Lecco non c’è una sezione femminile).

L’arrestata, una volta giunta nel carcere cittadino, aveva raccontato che, nei giorni precedenti, era stata ospite di amici nella cosiddetta “zona rossa” del Lodigiano.

Un’affermazione che ha immediatamente fatto scattare i protocolli preventivi sul contagio da Coronavirus. L’Ats Insubria ha subito fatto partire gli accertamenti e disposto l’isolamento sanitario della detenuta. Inoltre è stato anche deciso di non effettuare il trasferimento della donna a Lecco per l’udienza di convalida dell’arresto. A scoprire questo retroscena è stato il giudice delle indagini preliminari lecchese, Paolo Salvatore, che si è ritrovato in aula con l’uomo fermato dai finanzieri - trasportato in aula con tanto di mascherina, così come la mascherina è stata indossata dagli avvocati difensori e dagli agenti della polizia penitenziaria - e con, nel fascicolo, gli atti dell’autorità sanitaria comasca.

Al termine dell’udienza di convalida, il giudice ha disposto gli arresti domiciliari per la donna, che è stata trasferita nella sua abitazione di Bollate dove - custodia cautelare a parte - dovrà anche sottoporsi alla prassi prevista di fronte a casi di persone provenienti dalla “zona rossa”.

Udienze a porte chiuse

E di mascherine si è fatto uso anche in Tribunale a Como, ieri mattina. In occasione dell’avvio di un processo a carico di tre persone, accusate di estorsione ai danni di un ’ndranghetista collaboratore di giustizia, i detenuti sono stati scortati in aula tutti quanti con i presidi di autotutela previsti per prevenire contagi.

Ieri il palazzo di giustizia cittadino era particolarmente deserto. Decisamente meno affollato del solito. Come deciso dal presidente del Tribunale, in accordo con il procuratore capo e con il presidente dell’ordine degli avvocati le udienze si sono tenute a porte chiuse, per scongiurare “assembramenti” all’interno dell’aula, tipici in particolare nelle cosiddette udienze di smistamento, ovvero le prime udienze convocate per stabilire un successivo calendario e per discutere le questioni preliminari.

Il provvedimento non è però piaciuto a diversi avvocati - come i presidenti delle associazioni di categoria dei Giovani avvocati - che hanno invece sollecitato lo stop delle udienze per tutta la settimana e, in caso di necessità, anche per la prossima.n 

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