Medici di base, tocca agli stranieri: «Ma che fatica farsi riconoscere la laurea»

Sanità Nel Comasco si contano 25 professionisti provenienti dall’estero sui 350 totali - «L’Italia? Non aiuta chi possiede titoli di studio stranieri. In Germania l’iter è più semplice»

Negli ultimi mesi capita, soprattutto in provincia, di vedere arrivare negli studi dei medici di medicina generale dei nuovi dottori stranieri. Tra i medici di famiglia però la presenza di professionisti provenienti dall’estero è ancora molto bassa. Nel Comasco si contano 25 medici d’origine straniera a fronte di oltre 350 camici bianchi, pediatri di libera scelta compresi. Eppure avremmo un forte bisogno di nuovi dottori, circa un ambulatorio su tre in tutta la provincia è vuoto, almeno rispetto al corretto rapporto di assistiti da seguire.

«Per fare il medico di famiglia bisogna conoscere molto bene la comunità – dice Juliana Koxhaj –, avere una esperienza sul territorio almeno decennale. Per la cultura, la lingua, il nostro è un mestiere che si basa molto sulle relazioni umane, a stretto contatto con tanti pazienti anziani. Nulla contro la professionalità dei singoli, ma è complicato per i medici stranieri catapultarsi qui». La dottoressa, cresciuta in Albania, si è laureata in Italia ed ha iniziato a lavorare in Villa Aprica prima di entrare un anno fa nel suo studio medico di Cernobbio.

«Non sono d’accordo – commenta Vladimir Brakus – ad un bravo medico basta la preparazione, dobbiamo curare, non socializzare. La verità è che l’Italia fatica a riconoscere i titoli di studio esteri, non integra i sanitari stranieri nel suo sistema. Mentre Paesi come la Germania reclutano a costo zero medici bosniaci, serbi, croati, così da colmare i propri vuoti».

«In generale solo chi ha studiato qui può facilmente iniziare a fare il medico – racconta Roger Trad Milad, pediatra – e purtroppo a Como mancano corsi e facoltà di medicina. Quindi di solito i nuovi medici di base restano in città come Milano e Varese. Io, libanese, sono arrivato da Roma per caso, dopo la laurea, per un’offerta di lavoro dal Valduce. Ma le leggi restrittive difficilmente permetterebbero a colleghi libanesi di fare un passaggio diretto».

«Anche io sono di origine libanese, ma a tutti dico che arrivo da Varese – spiega Wissam El Makhour, al lavoro nel suo ambulatorio di Olgiate Comasco – Abito qui da sempre. Lingua, cultura, tradizioni, possono rappresentare un problema, ma non credo più di tanto. Penso piuttosto che Como debba cercare di essere più attrattiva, anche nel campo della formazione post universitaria».

In provincia di Como circa il 50% dei medici di famiglia ha oltre 55 anni, negli ultimi anni sono stati tanti i pensionamenti. A sentire però l’Ordine e i sindacati di recente è in corso un’inversione di tendenza, l’età media si sta abbassando, i più anziani fuoriusciti stanno dando spazio a medici molto giovani appena formati.

«Farsi riconoscere il proprio titolo di studi in Italia è difficile, ma è anche una questione di volontà – dice Svetlana Gorohovischi, medico a Carbonate – io vengo da un paese tra la Russia e la Moldavia e ho dovuto fare due anni di università impegnativi, ma ce l’ho fatta perché era il mio obiettivo. Il sistema però è vero è rigido, forse sarebbe meglio offrire un sostegno più di tipo linguistico». «Ho iniziato la settimana scorsa – racconta Laurette Fopa, medico camerunense appena arrivato a Fino Mornasco – e sto cercando di ambientarmi. Certo lingua e provenienza possono creare un certo distacco, dovrò costruire con i pazienti un rapporto di fiducia».

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