Como: morto Aldo Anghessa
L’ex 007 protagonista dei veleni in Procura

Latitante a Dakar, si è spento sabato. Responsabile di una pagina buia della giustizia comasca fu condannato per i traffici d’armi da lui stesso rivelati

Una storia personale costellata di patacche, finte rivelazioni, guai giudiziari, la latitanza in Africa. Questo era Aldo Anghessa, 76 anni, morto sabato a Dakar. In realtà della sua morte non vi sono conferme ufficiali, ma diversi amici sui social e molti contatti italiani confermano la notizia, senza contare che da 48 ore il suo telefono senegalese suona a vuoto.

Un passato, da sedicente agente segreto, trascorso tra Faggeto Lario, Brunate e il quinto piano del palazzo di giustizia di Como, Anghessa ancora oggi, mentre fuggiva da una condanna per traffico d’armi mai scontata, si dilettava a inondare il mondo con le sue storie da spy story su traffici internazionali.

Intrighi internazionali

Per Como il nome di Anghessa fu legato alla rapida ascesa e al vertiginoso crollo di Romano Dolce, pubblico ministero che nella prima metà degli anni Novanta riempì le cronache di tutti i quotidiani nazionali (e non solo) con le sue roboanti inchieste. Tutte legate a un unico comune denominatore: le rivelazioni - fasulle o peggio ancora costruite ad arte, decise una sentenza passata in giudicato in nome del popolo italiano - dal sedicente agente segreto Anghessa.

Quando il misterioso personaggio, che amava parlare per enigmi e rispondere alle domande con dei quesiti, prese casa in riva al Lario, questi iniziò a frequentare la Procura di Como e l’ufficio del pm Dolce, spegnendo per lungo tempo la luce della giustizia in quello che è stato uno dei periodi più bui della Procura cittadina.

La strana coppia Aldo Anghessa (con i suoi occhiali da sole perennemente indossati) e Romano Dolce (con la sua abbronzatura immacolata pure in pieno inverno) nei primi anni Novanta trasformò Como nella capitale mondiale di una serie di inverosimili intrighi internazionali giocati a suon di armi e, soprattutto, materiale nucleare.

In quegli anni per la dogana - almeno stando a sentire lo 007 e il pm, ma anche troppo generali che faticarono parecchio ad accorgersi del bluff - passavano più carichi di Cesio 137 che frontalieri. Chi comprese quanto fosse pericolosa l’amicizia tra i due, fu l’allora procuratore capo di Como, Mario Del Franco, che decise di segnalare i rapporti ravvicinati tra Anghessa e Dolce alla procura di Brescia i cui magistrati, il 20 maggio 1994 mandarono i carabinieri a indossare le manette ai polsi della strana coppia, accusata di associazione per delinquere finalizzata all’introduzione di armi, materiale strategico e radioattivo, contrabbando e spaccio di banconote e titoli di credito falsi.

Il processo

Dolce (di cui si sospettò un coinvolgimento mai provato con il solito Anghessa nell’arresto di quattro comaschi fermati a Mosca nel ’92 con un milione di dollari falsi) alla fine del processo venne assolto. Anghessa no. E proprio per non scontare la condanna, decise di andarsene dall’Italia. Ma anche dalla latitanza africana ha continuato a distribuire al mondo le sue mezze verità su misteri internazionali, traffici nocivi e radioattivi, rivelazioni clamorose. Le altre mezze verità se le è tenute per sé. n 
P. Mor.

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