
(Foto di archivio)
Scuola «Tema intempestivo e inattuale, ancora stiamo aspettando l’ordinanza per gli esami» «Le relazioni umane? Necessitano di flessibilità e di buon senso, non di obblighi formali»
Niente più asterischi (*) e schwa (ə) nelle comunicazioni ufficiali delle scuole, poiché «è imprescindibile il rispetto delle regole della lingua italiana». Questo quanto diffuso in una circolare alle scuole dal Ministero dell’Istruzione, con la decisione che ha suscitato pareri contrastanti, tra chi ne comprende le motivazioni e chi invece vi legge una sorta di chiusura all’evoluzione del linguaggio e dei tempi.
«La questione strettamente linguistica è tuttora aperta ed è giusto porsi il problema perché la lingua esprime la cultura e l’esperienza di una comunità - spiega il preside del Giovio Nicola D’Antonio - per quanto riguarda l’uso nei documenti ufficiali, questi deve essere deciso a livello giuridico amministrativo dalle autorità a ciò demandate, al momento quest’uso non è previsto, quindi ci atteniamo allo stile dei documenti ufficiali. In principio in ogni caso deve essere salvaguardato e cioè la chiarezza della comunicazione, chi legge deve capire bene. Un’ultima considerazione: non abbiamo ancora l’ordinanza sugli esami e non abbiamo ancora l’ordinanza sui libri di testo, entrambe urgenti e necessarie». «Come linguista sostengo fermamente che la lingua debba evolversi continuamente per adeguarsi alle esigenze degli utenti - è il commento di Gaetana Filosa, preside della Da Vinci-Ripamonti - ma comprendo altresì le motivazioni che hanno indotto il ministero a chiarire che l’uso del grafema e dell’asterisco per evitare di specificare il genere del nome non sia linguisticamente corretto e che i documenti ufficiali non possano essere luogo di sperimentazione, ma debbano attenersi strettamente alle regole grammaticali». Quindi qualche commento dai docenti. «Onestamente credo che le norme linguistiche siano riconducibili a criteri di studio di settore - evidenzia Ulderico Pietrantonio, professore del Giovio -. Viceversa, credo che, nelle relazioni umane, laddove potrebbe esserci il pericolo di urtare la sensibilità altrui, sarebbe opportuno usare il buon senso, evitando di ricorrere alla Crusca per giustificare obblighi formali. Credo che se un DS ha il sentore di dover utilizzare schwa e asterischi nella scuola in cui lavora, dovrebbe essere libero di poterlo fare. Della serie, la linguistica (Crusca compresa) è una disciplina, le relazioni umane sono tali, e pertanto necessitano di flessibilità e buon senso, non di obblighi formali».
«La circolare da noi non è ancora stata diffusa, ovviamente l’ho letta e la mia posizione è che prima di tutto non ne comprendo la motivazione- è infine il punto di vista di Domitilla Leali, prof del Volta - una circolare su questo tema, in questo momento in cui ancora stiamo aspettando l’ordinanza degli esami prossimi venturi, mi sembra quantomeno poco tempestiva, per non dire inattuale. Poi che la lingua italiana almeno ufficialmente non riconosca quei segni, è certamente un dato per ora indiscusso, anche se passibile di discussione e rinnovamento. In ogni caso, una prima forma per rispondere alla parità di genere, anche se certo non rappresentativa di tutto quello che il concetto di genere comporta, potrebbe in primo luogo essere l’utilizzo del maschile del femminile invece che del solo maschile quando ci si rivolge a una collettività».
© RIPRODUZIONE RISERVATA