Villa Giovio non è dimenticata: «Un progetto per riutilizzarla»

Breccia L’elegante immobile neoclassico del 1790 è chiuso da ormai 34 anni - Invimit (ente proprietario): «In corso un’analisi per valorizzare la struttura»

«Stiamo cercando di individuare quali potrebbero essere le strade per valorizzare nuovamente l’immobile».

Il destino di Villa Giovio, elegante immobile di fine ’700 situato nel quartiere di Breccia e chiuso da ormai 34 anni sembrava segnato dopo i tre tentativi di vendita andati a vuoto nel 2019, poi nel 2021 e ancora nel 2022, con una progressiva riduzione del suo prezzo, sebbene il valore dell’edificio resti enorme e si attesti ora intorno ai 4,2 milioni. Insomma, tutto fermo fino a due anni fa. Eppur si muove.

L’analisi

La buona notizia arriva dal presidente di Invimit, Mario Valducci, eletto lo scorso luglio a capo della società che si occupa per il ministero dell’Economia e delle Finanze di valorizzare e dismettere il patrimonio immobiliare pubblico. «Sarà possibile dare una risposta verso fine mese - prosegue Valducci - previo confronto con il Comune».

Non è chiaro ancora quale potrà essere il destino di Villa Giovio, finora proposta unicamente sottoforma di vendite, come detto, andate sempre a vuoto, ma quel che è certo è che è in corso, all’interno della società, un’analisi per valutare potenzialità e costi dell’immobile al fine di trovare una soluzione alternativa a quella dell’abbandono in cui si trova ormai da più di tre decenni. La sua storia però è ben più antica di questi trenta e più anni di silenzio: risale al 1790, quando l’architetto Simone Cantoni (lo stesso che ha firmato Villa Olmo) l’aveva progettata, insieme all’immenso parco di 90mila metri quadri. Fu pensata e utilizzata come casa padronale di proprietà della famiglia Giovio, poi acquistata nel 1930 dal Seminario Diocesano di Como e ampliata per l’uso di residenza estiva, venne anche occupata dal Sovrano Ordine di Malta per essere adibita a ospedale militare durante la Seconda guerra mondiale. Poi l’acquisto da parte dell’Inail nel 1954, quando l’edificio venne utilizzato come struttura sanitaria per la convalescenza dei lavoratori, che si occupò anche dell’ultima restaurazione a inizio anni 2000, quindi la vendita a Invimit che ne è tuttora proprietario.

Le idee per il rilancio

Nel corso degli anni non sono mancate le idee per riaprirne le porte, prima con una delibera di indirizzo del consiglio comunale, nel 2013, che chiedeva alla giunta di accordarsi con l’Inail per la «restituzione alla città dello spazio verde attiguo alla villa»; poi nel 2017 con un progetto privato di recupero - rimasto senza seguito - che prevedeva di destinare a verde pubblico il comparto sud della proprietà terriera e ad albergo di lusso la villa e il giardino immediatamente circostante.

E poi, nelle scorse settimane, l’invito alla città e alle istituzioni di Moritz Mantero, imprenditore della seta e padrino di Orticolario, che ha ipotizzato per la villa settecentesca, diventata anche luogo del cuore Fai (con 196 voti) un destino simile a quello di Villa del Grumello, di proprietà dell’ospedale Sant’Anna, cui fu donata nel 1954, e poi data in concessione nel 2006 all’Associazione Villa del Grumello, che ancora se ne occupa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA