Condannato per rapina, ma dopo 11 anni è tutto da rifare

Tribunale Accusato di due assalti a mano armata. Cassiere minacciate e market derubati. Un’assenza dalle udienze giudicata illegittima fa saltare tutto

Nell’autunno di undici anni fa, secondo le accuse (e ben due sentenze di merito, entrambe però cancellate dalla Cassazione... ci arriveremo), avrebbe messo a segno un paio di rapine con tanto di pistola alla testa delle vittima e il furto di un ciclomotore. In occasione del processo di primo grado a Como nel 2016, però, saltò un’udienza. E presentò una richiesta di rinvio per legittimo impedimento. I giudici comaschi rigettarono la richiesta, ritenendo quell’impedimento non legittimo.

Così si è andati avanti fino alla Corte di Cassazione. Dove l’avvocato difensore ha riesumato quella vecchia questione. E i giudici gli hanno dato ragione: tutto nullo. Tutto da rifare.

Suona quasi come una beffa il ritorno in aula, in Tribunale a Como, di Denis Mejdani, albanese di 35 anni con casa nel Comasco che, nel settembre 2013, avrebbe commesso - con alcuni complici - due rapine in altrettanti supermercati e il furto di una moto, utilizzata proprio per commettere quegli assalti a mano armata. Nel corso del processo che si era tenuto a Como, erano sfilate davanti alla corte anche le vittime degli assalti, ovvero le commesse che erano state terrorizzate dai rapinatori.

«Ero in cassa. non ho avuto neppure il tempo di girarmi e mi sono trovata con una pistola puntata alla testa e una allo stomaco» aveva raccontato una di loro. «Stavo facendo cassa - aveva detto in aula una delle dipendenti minacciate dai rapinatori - quando entrano queste due persone. Alti, magri, con il casco scuro integrale. Uno ha puntato la pistola contro di me e l’altro contro la mia collega. Non parlava, ma mi spingeva il braccio con la pistola e con l’altra mano indicava la cassa facendomi fretta perché la aprissi». E la collega: «Mi sono ritrovata accanto a me, all’improvviso, una persona che mi puntava contro una pistola e mi faceva segno di aprire il cassetto».

In aula - come testimone - anche Christian Pepi, condannato in udienza preliminare, il quale aveva ammesso di aver partecipato ad alcune di quelle rapine ma aveva assicurato che Mejdani e suo cugino (pure lui finito a processo) non c’erano.

Il fatto è che durante quel processo, Denis Mejdani saltò un’udienza. Che non venne rinviata perché l’impedimento da lui presentato non era stato ritenuto legittimo.

Anni dopo la Cassazione ha riletto diversamente quanto avvenne in quell’udienza, dando ragione al difensore dell’imputato. Di conseguenza: sentenza di condanna annullata e processo completamente da rifare. Ieri è ripartito da zero.

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