Coronavirus, mancano le medicine
«In rianimazione scorte fino a lunedì»

L’allarme dall’ospedale Valduce: restano poche fiale di anestetico - Il primario: «Se non si interviene, saranno guai grossi» - Intanto il reparto si prepara a dimettere il primo paziente Covid

«Nella nostra farmacia stanno diventando matti. Non so come abbiano fatto, ma per fortuna ha trovato alcuni flaconi di farmaci, altrimenti noi oggi pomeriggio saremmo rimasti senza medicinali». Il primario di rianimazione del Valduce, Marco Galletti, tira un sospiro di sollievo. Ma è un sospiro a breve termine: «Ora abbiamo scorte fino a lunedì al massimo. Se qualcuno non interviene, visto che reperire i farmaci è sempre più difficile, saranno guai».

È un appello drammatico quello che arriva dal reparto di rianimazione dell’ospedale di via Dante, che già ieri ha rischiato di rimanere senza fiale di Propofol, ovvero l’anestetico che consente di sedare i 10 pazienti attualmente in cura attaccati ai respiratori artificiali a causa delle gravissime polmoniti causate dal coronavirus. Ma scarseggiano anche le scorte di farmaci al curaro, un miorilassante indispensabile per poter mantenere intubati i pazienti che, senza la ventilazione forzata, rischierebbero di morire.

Alla caccia dei farmaci

«Ho passato la mattinata al telefono per cercare di reperire questi farmaci – prosegue il primario – Senza voler essere polemico, devo però notare che da parte della Regione Lombardia c’è una minore attenzione verso ospedali come il nostro sulla distribuzione sia dei presidi medici e di quelli di protezione. Il Valduce, purtroppo, quando serve è l’ospedale di Como, ma quando deve ricevere materiale vitale torna a essere “solo” un ospedale accreditato. Poi, è chiaro, capisco che le nostre difficoltà valgono per tutte le rianimazioni della regione».

La rianimazione dell’ospedale di via Dante si è ritrovata ad avere dai 4/6 pazienti al massimo, agli attuali 10 posti, di cui uno ricavato anche in sala operatoria. I consumi di medicinali sono più che raddoppiati: «Noi utilizziamo 50 flaconi di anestetico al giorno – prosegue il dottor Galletti – Stamattina ne avevamo solo 20 ed eravamo parecchio preoccupati. Prima ci sarebbero bastati per una giornata intera, ma ora... Ovvio che le scorte in questo modo si esauriscono velocemente».

Nel reparto che da sempre segna il confine tra la vita e la morte, da tre settimane a questa parte ci sono soltanto pazienti ricoverati per Covid-19: «Sbaglia chi pensa che questo virus riguardi soltanto gli anziani e chi ha patologie pregresse – prosegue il dottor Galletti - sia noi, ma lo stesso vale negli altri ospedali, abbiamo ricoverato persone di età media. In questo momento noi abbiamo tre pazienti che non arrivano ai sessant’anni. E nei giorni scorsi abbiamo trasferito un ragazzo giovane in un’altra rianimazione». Che se è vero che l’età media delle vittime è alta, è anche vero un altro dato: «I pazienti più giovani, soprattutto quelli tra i 40 e i 50 anni, hanno una caduta molto più rapida rispetto agli altri. Ci sono quelli positivi a cui va bene, ma se va male questi pazienti li devi intubare subito, altrimenti vanno incontro a complicanze gravissime».

«Siamo in trincea»

Anche il primario di rianimazione del Valduce, non propriamente l’ultimo degli arrivati in una corsia di ospedale, non si fa problemi a utilizzare paragoni bellici, per descrivere l’attuale momento: «Siamo veramente in trincea. E come quando sei in guerra, se non hai i cavalli vanno bene anche gli asini. Noi, ad esempio, avendo dovuto ricavare posti letto in più, abbiamo dovuto adattare i respiratori della sala operatoria per intubare i pazienti. Vanno bene, per carità, ma non sono il massimo. Ma in questo momento bisogna fare».

Anche perché se i contagi diminuiscono, in rianimazione l’onda lunga di questo calo la vedranno tra almeno un mese: «Forse tra oggi e domani riusciamo a far uscire dalla rianimazione il primo paziente ricoverato da noi per coronavirus. Tra i tanti problemi di questa malattia c’è la questione dei tempi di guarigione: sono molto più lunghi dei tempi di degenza medi e questo provoca un’ulteriore sofferenza agli ospedali e ai nostri reparti».

Una sofferenza che si ripercuote inevitabilmente su tutto il personale sanitario: «Fino ad ora sono stati tutti bravissimi – conclude Marco Galletti – nessuno si è mai tirato indietro di fronte a turni in più, notti da fare, presenze da garantire. Insomma: si tiene botta. Certo, siamo un po’ meno spiritosi di una settimana fa, quando qualche battuta per alleggerire la tensione ce la scambiavamo. L’ospedale Valduce ha messo a disposizione un supporto psicologico per noi operatori, ed è molto importante. Dopotutto oltre alla pressione, la morte fa paura a tutti ed essere medici, infermieri, operatori sanitari in questi giorni è ovviamente un rischio. Ma, ripeto: non ci tiriamo indietro».

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