Coronavirus, primi tamponi
a chi sta meglio. Ma non bastano

Iniziati i test in via Castelnuovo per i pazienti che sembrano guariti. A disposizione, per ora, soltanto 50 alla settimana. Sono fondamentali per poter uscire dall’isolamento

Arrivano i primi tamponi per chi deve uscire dalla quarantena, ma sono ancora pochi.

Da questa settimana i medici di medicina generale possono chiedere all’Ats, attraverso la cooperativa medici Insubria, il test per i loro assistiti isolati in casa. Può essere effettuato soltanto dopo due settimane senza sintomi. Il tampone non viene somministrato a domicilio. Occorre recarsi negli spazi ex Asl di via Castelnuovo. Ieri sono state sottoposte a verifica 12 persone, poche rispetto ai malati in via di guarigione. Peraltro, sempre ieri, le operazioni sono state lente perché si è verificato un problema burocratico legato all’inserimento dei nominativi.

Ma il vero problema comunque è il numero dei tamponi: solo 50 a settimana per le province di Como e Varese. Dunque il territorio coperto dall’Ats Insubria. Le richieste di contro sono già centinaia, peraltro soltanto in provincia di Como.

Del resto con circa 700 medici sparsi sul territorio non è difficile raccogliere casi in fase di negativizzazione da coronavirus.

La scelta è del medico

Non solo però: mancano test anche per i medici usciti dalla malattia che lamentano ritardi. Le prenotazioni sono gestite della cooperativa Medici Insubria che fornisce questo servizio per tutti gratuitamente. Il costo del tampone è come ovvio a carico del sistema sanitario.

La speranza è che a breve la disponibilità di test passi a 100 a settimana per ciascuna provincia. Servono però laboratori in grado di fare le analisi, dando comunque la precedenza alle urgenze negli ospedali.

Questa misura è utile per essere sicuri che le persone uscendo dall’isolamento possano tornare al lavoro senza contagiare il prossimo. Continuerebbero altrimenti ad alimentare pericolosamente l’epidemia. Attenzione, il test non può essere richiesto dai singoli, non bisogna in alcun modo fare domanda da soli o peggio bussare agli ambulatori del San Martino. La scelta è misurata d’accordo con i medici di famiglia. Purtroppo non è un vero tampone a domicilio. Occorre uscire di casa. Certo senza sintomi dopo due settimane queste persone potrebbero comunque mettere il naso fuori dalla porta.

Attesa per le nuove Usca

Per le visite a domicilio, con gli ambulatori di medicina quasi chiusi e i dottori senza mascherine e tute a rischio contagio, occorre aspettare che prenda davvero servizio la prima Usca di Como. L’unità speciale di continuità assistenziale questa settimana si è insediata in via Carso accanto alla guardia medica.

È un team di medici reclutati dall’Ats che deve, sempre su indicazione dei medici di medicina generale, arrivare ai malati chiusi in casa. Il lavoro della prima Usca attiva a Como è per ora iniziato sulla carta. Bisogna contattare le famiglie con sospetti casi di coronavirus, procedere con un triage telefonico, un monitoraggio a distanza ed eventualmente armati dei corretti dispositivi di protezione individuali andare porta a porta a visitare i malati. Nei prossimi giorni dovrebbe partire un analogo lavoro anche a Erba e a Cantù.

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