Corteo dell’8 Marzo in città: nel mirino di slogan e proteste anche il Comune

Como Tra le varie tappe della manifestazione ce n’è stata una a Palazzo Cernezzi, dove si è puntata l’attenzione sull’effetto delle politiche educative dell’amministrazione sulla vita delle donne, in particolare per gli asili nido

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«L’8 Marzo non è una festa, è una giornata di protesta»: questo lo slogan del corteo organizzato ieri da Intrecciat3, un collettivo comasco che raggruppa associazioni e persone impegnate contro la violenza di genere. Difficile dare un identikit dei partecipanti, arrivati in numerosi: c’erano donne di tutte le età, ma anche ragazzi, bambini, mariti e nonni.

Corteo 8 marzo Intrecciat3. Video di Martina Radicchio

Il corteo, guidato da Alessandra Ghirotti di Cgil Como e dalle donne di Non una di meno Como, ha iniziato il suo percorso in via Milano, per poi travolgere le vie del centro, tra sguardi curiosi. Cinque in tutto le tappe e gli interventi lungo il percorso, la prima in via Italia Libera davanti al consultorio pubblico. Qui si è parlato della necessità di avere servizi pubblici laici e di come i consultori, pur garantendo assistenza e informazione alle donne, siano sottofinanziati. La folla si è poi spostata davanti alla biblioteca comunale, dove è intervenuta Rita Begnis, insegnante alla scuola di italiano per stranieri: «Le donne straniere, come braccianti che lavorano nei campi, sono esposte a una doppia violenza. Dobbiamo spezzare questo ciclo di sfruttamento». Pochi metri dopo, davanti alla sede di Confindustria Como, Laura Tettamanti di Telefono Donna ha preso il microfono: «La mancanza di autonomia economica è il primo ostacolo per le donne che vogliono uscire dalla propria situazione. Questa è la violenza economica e noi operatrici di Telefono Donna la sentiamo spesso nei racconti delle donne che ci chiamano. Può essere l’esclusione dalle decisioni sul denaro, al vero e proprio divieto da parte del partner di fare spese per la famiglia».

Significativa la tappa fuori dai cancelli di Palazzo Cernezzi, dove esattamente un anno fa mamme e papà si riunivano per chiedere spiegazioni sulla chiusura di due asili nido. «Da quel giorno è iniziata una serie di affronti da parte dell’Amministrazione nei confronti di genitori e operatori, di cui il 98% sono donne. Non vogliamo che il sistema educativo venga svenduto» ha detto Paolo Mozzi del comitato Como a misura di famiglia. Il corteo ha poi raggiunto l’ultima fermata in piazza Verdi, davanti alle colonne del Teatro Sociale. Tra striscioni, cartelli e musica, il coro è unanime: «meno mimose, più diritti».

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