Il dibattito sul “fine vita” arriva a Como. Monsignor Paglia: «Non si può essere padroni della morte»

L’incontro In Biblioteca Comunale ieri sera Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita: «Anche quando non si può guarire, bisogna sempre curare e accompagnare»

«Vorrei che si tornasse a morire accanto agli affetti e non circondati dal sipario dell’ospedale. Sarebbe una grande conquista della modernità che abbiamo perso».

A parlare è mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, invitato venerdì sera nell’auditorium della biblioteca comunale per un dialogo sul fine vita e sulla sua dimensione etica, organizzato dall’associazione Accanto – Amici dell’Hospice San Martino Odv.

Tabù e preconcetti

«Spesso si parla di fine vita solo quando emergono fatti di cronaca eclatanti – ha detto la giornalista del Corriere della Sera Elisabetta Soglio -. In realtà abbiamo bisogno di parlarne normalmente, tutti noi, nella vita quotidiana». Eppure, le parole che abitano il dialogo pubblico indossano troppo spesso tabù e preconcetti. Da questa constatazione nasce il “Piccolo Lessico del Fine-Vita”, di cui mons. Paglia ha scritto l’introduzione. Più che di un libro, si tratta di un vademecum contro il linguaggio che divide: «Il primo passo per riuscire a capirci meglio e trovare soluzioni – ha detto Elisabetta Soglio - è quello di dare lo stesso significato alle parole».

Tra le pagine di questo dizionario, unico nel suo genere, c’è una voce in particolare da cui mons. Paglia ha deciso di partire: “accanto”. «Viviamo in un tempo di iper-individualismo e solitudine estrema. Qualcuno l’ha chiamata “egolatria”, cioè il culto di sé. Stare accanto invece vuol dire andare contro questa solitudine e vivere ritrovando il senso del “noi”».

Le cure palliative

Un’altra parola del lessico del fine vita, “palliativo”, deriva da “pallium”, il mantello con cui coprire “l’altro” affinché stia al caldo. «A volte la parola “palliativo” viene usata per dire che qualcosa non serve a niente – ha proseguito l’arcivescovo -, invece serve eccome. Viviamo di più, quindi possiamo ammalarci ed esserlo più a lungo e, anche quando non si può guarire, bisogna sempre curare e accompagnare».

Tra le realtà comasche impegnate in questo senso c’è proprio l’associazione Accanto Odv, fondata 19 anni fa con lo scopo di fornire un fine vita dignitoso e “accompagnato” alle persone ricoverate nell’hospice, ma anche a chi riceve cure palliative domiciliari.

Nel “Piccolo Lessico del Fine-Vita” compaiono anche le parole “eutanasia” e “suicidio assistito”. In Europa esistono delle legislazioni che, in materia di fine vita, fanno prevalere la sovranità individuale.

Ad oggi in Italia non c’è una legge né sul suicidio medicalmente assistito né sull’eutanasia: si fa riferimento a una sentenza della Corte Costituzionale, emessa nel 2019 in relazione al caso di Dj Fabo e che permette, in presenza di certe condizioni, l’accesso alla morte volontaria.

Su questo punto, mons. Paglia si è dichiarato «contro l’eutanasia e contro l’accanimento terapeutico, perché non si può essere padroni della morte per darla o impedirla. Nelle questioni di fine vita quello che dovremo fare è non lasciare nessuno da solo». Spesso però la solitudine inizia ben prima, cioè durante l’età anziana: «Dall’infanzia in poi – afferma Paglia – la vita è stata organizzata. Per il momento della vecchiaia invece non si fa nessun pensiero. Dobbiamo inventare “il tempo degli anziani”».

In parte se ne stanno occupando le organizzazioni del terzo settore, fucine di quel senso di unità e “communitas” perduto, che è necessario durante la vita tanto quanto nel momento della sua fine.

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