Dopo l’alluvione a Valencia, gravi conseguenze sul territorio: «Noi
bloccati in casa per giorni»

La storia Una coppia di comaschi, chirurgo e infermiera per lunghi anni al Sant’Anna di Como e da 15 anni in Spagna, racconta la propria esperienza nella regione martoriata dalle esondazioni

La violenza dell’acqua del fiume Turia ha fatto saltare il ponte che collega la via dove abitano i comaschi Alessandro Thione e Barbara Peverelli alla strada principale diretta verso il centro di Valencia. Un danno che ha costretto la coppia in casa per nove lunghi giorni, mentre tutta la regione di Valencia si trovava a dover far fronte ai gravissimi danni provocati dalle esondazioni.

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«Ci saremmo dovuti trovare entrambi in auto quella mattina - raccontano i due, chirurgo lui e infermiera lei, - Per pura casualità il 29 ottobre siamo rimasti a casa dal lavoro. Ma davvero si è trattato di fortuna: un’operazione chirurgica saltata all’ultimo e un giorno di riposo non programmato. In caso contrario, avremmo corso il rischio di percorrere quell’autostrada che collega l’hinterland di Valencia al centro storico. La stessa strada che è stata colpita dalle violente correnti d’acqua, che hanno travolto tutto e tutti». Non solo. La violenza dell’acqua ha trascinato via i guardarail in cemento e accumulato mucchi di camion e automobili ai lati della carreggiata. Alessandro e Barbara le hanno viste con i loro occhi, nei giorni seguenti: un muto monito della devastazione che il Turia e i suoi affluenti, gonfiati all’inverosimile dalla pioggia, hanno portato con sé.

«Cambiata la geografia dei luoghi»

Dopo lunghe esperienze lavorative all’ospedale Sant’Anna, i due comaschi si sono trasferiti in Spagna, quindici anni fa, per stabilirsi poi,cinque anni fa, nella casa in cui a inizio mese si sono trovati prigionieri. «L’alluvione ha geograficamente cambiato l’aspetto dei territori - raccontano - L’acqua ha lasciato solchi nella terra, interi canneti sono stati trasportati via, abbiamo visto una piscina in mattoni in un punto dove prima non c’era. Noi siamo rimasti bloccati per nove giorni in quest’area periferica, dove viviamo, e per due giorni non abbiamo avuto la luce e la connessione telefonica, tanto che i nostri parenti in Italia si sono preoccupati del fatto che non stessimo dando loro notizie. E poi ancora nove giorni senz’acqua». Un’esperienza che sarebbe potuta essere ancora più traumatica se i due quella mattina si fossero messi in viaggio verso i diversi ospedali in cui lavorano, come hanno fatto tanti altri valenciani, dal momento che l’allerta regionale è arrivata solo in serata, nonostante la pioggia cadesse copiosa già dalla notte precedente.

«Un popolo che si rialza»

La casa di Alessandro e Barbara non ha subito gravi danni, ma lo stesso non si può dire per altri residenti della loro via: «Nei giorni dopo l’alluvione abbiamo visto un popolo risollevarsi. Prima ancora dell’arrivo dei soccorsi e degli aiuti, sono stati i vicini di casa ad aiutarsi a vicenda, svuotando dall’acqua e dal fango i seminterrati e tirandosi su il morale. Poi sono arrivati tantissimi volontari, che sono ancora all’opera in questi giorni perché i danni provocati dall’acqua richiederanno tempo per essere risolti».

Ferite che richiederanno tempo per essere risanate

Sono danni che hanno lasciato ferite visibili sul territorio e altre più nascoste nella psiche di chi, come la coppia comasca, lì vive: «Ci sono migliaia di auto abbandonate da smaltire, i prezzi dell’usato sono schizzati alle stelle perché tante famiglie sono rimaste senza macchina o addirittura senza casa e non si sa quando arriveranno gli aiuti. E poi c’è il timore che ricapiti qualcosa di simile. Insomma, qui nella periferia di Valencia c’è un prima e un dopo l’alluvione del 29 ottobre».

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