Azione guarda a Bruxelles: «Servono un piano europeo per i flussi migratori e aiuti all’ucraina»

Elezioni europee/ Interviste Elena Bonetti, capolista di Azione nella circoscrizione Italia Nord-Occidentale e già ministro nei governi Draghi e “Conte 2”

All’interno di Renew Europe, gruppo politico liberale e, ad oggi, terzo schieramento per numero di seggi al Parlamento europeo si colloca Azione. La capolista per la circoscrizione che comprende anche la Lombardia è Elena Bonetti, ex ministra e oggi deputata, che in caso di elezione dovrà scegliere se andare in Europa o restare a Montecitorio.

- Qui il programma di Azione per le elezioni del Parlamento europeo

Per Azione la presenza in Europa è da sempre centrale, ma siete stati anche molto critici in alcune occasioni, come sulla direttiva europea relativa alle case green. Qual è la vostra dea di transizione ecologica?

L’approccio dell’Europa sul Green deal è stato sbagliato perché ha prodotto un piano non realizzabile, che penalizza la competitività e la produzione europea. Un esempio chiaro è la direttiva sulle case green, sulla quale Azione ha votato contro perché è una direttiva che impegna il nostro Paese a un costo equivalente a più di quattro volte il Superbonus, circa 600 miliardi. L’Italia, che oggi non ha soldi per la sanità, non ha certo tutti quei soldi da investire in questa direzione.

Qual è invece la vostra proposta?

Portare avanti un piano efficiente di gestione della transizione climatica e un piano industriale che investa nelle nuove tecnologie europee, promuovendo il nucleare accanto alle fonti rinnovabili.

Nucleare che però molti italiani temono ancora parecchio.

I dati dimostrano che il nucleare di nuova generazione è una tecnologia meno rischiosa di tante altre. Investire in innovazione significa investire in sicurezza. Vicino all’Italia, tra l’altro, c’è la Francia che produce nucleare e lo vende all’Europa e questo costituisce, per vicinanza geografica, una compromissione già in atto del nostro Paese con il nucleare.

Sul tavolo dell’Unione europea oggi uno dei dossier più importanti è quello relativo alla guerra in Ucraina. Perché continuare a impegnarsi nel sostegno a Zelensky?

Il sostegno all’Ucraina è il punto prioritario del nostro programma: la Russia ha mire evidenti nei confronti dell’intera Europa e bisogna permettere agli ucraini di difendersi dall’aggressione russa, continuando a fornire armi. Siamo contrari invece all’invio di soldati: dobbiamo restare entro la politica della deterrenza e ricordare che gli ucraini stanno difendendo la loro libertà a nome degli europei.

Ma quale sarebbe la conclusione più plausibile di questa guerra?

Si devono creare le condizioni reali di una pace che non potrà esserci se noi cediamo all’aggressione russa. La pace, se intesa come resa dell’Ucraina, non sarà pace, perché sarà ingiusta e aprirà a nuovi conflitti.

Anche da Como sono partite diverse missioni di sostegno all’Ucraina e alcuni profughi ucraini hanno trovato rifugio qui. Cosa direbbe a chi sente la stanchezza del sostegno all’Ucraina?

Como è stato anche territorio di Resistenza partigiana e cattolica: è il segno di un Paese che ha rifiutato la dittatura. Abbiamo lo stesso dovere di coscienza verso l’Ucraina. Cedere alle minacce di Putin uccide ogni ipotesi di trattativa: l’Unione europea deve sedersi al tavolo e avere agibilità tramite un esercito comunitario e un commissario europeo alla difesa.

Como è un territorio di confine, e quindi di migrazione: Azione come giudica le modifiche fatte questa primavera al regolamento di Dublino?

Bisogna superare i trattati di Dublino, fare un piano europeo di gestione dei flussi migratori che preveda una chiara regolamentazione. Serve un’Europa forte in politica estera nei rapporti con gli Stati di provenienza dei migranti. Bisogna però anche valorizzare le competenze di chi decide di venire in Europa, come uno degli assi di gestione della questione demografica.

Quindi cosa bisognerebbe cambiare rispetto alle politiche europee sulla migrazione?

L’Italia non può essere lasciata da sola come Paese di confine. Bisogna superare il diritto di veto che ha impedito finora, a causa di Orbàn e dei Paesi che fanno riferimento a quell’asse, di rivedere il regolamento di Dublino.

Un tema fortemente sentito a Como è quello della carenza di posti negli asili nido. La denatalità si può combattere anche in Europa?

La sfida demografica è ormai una sfida europea. L’Europa deve avere un fondo di intervento comune per le politiche sociali. Le spese per sostenere economicamente le famiglie, come l’assegno unico che ho promosso da ministro, la fiscalità agevolata e la promozione del lavoro delle donne e dei giovani sono strategie da assumere anche a livello europeo, tramite una condivisione di obiettivi e investimenti.

A proposito di fondi, com’è andata la gestione del Pnrr in Italia?

I toni trionfalistici del governo sul Pnrr sono smentiti dai fatti: è in ritardo nella messa a terra dei progetti. Serve accelerare e dare più strumenti ai Comuni che devono gestire i progetti. Ci auguriamo che il governo rimedi al più presto: questa è una sfida di tutto il Paese. Tagliare i fondi per le spese correnti ai Comuni è quanto di più lontano ci possa essere da una politica che punta al potenziamento dei nostri territori.

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